La cultura luttuosa 

Sabato 11 Luglio 2015, 14:07
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È nei necrologi che tutta la cultura italiana scritta, diventa sinfonia, pagine e titoli curati, perfezione dei ricordi e interviste ai parenti e agli amici e/o mogli e amanti del caro estinto. Ed è in quelle pagine, tristi, che si vede il meglio, un paradosso alla Aldo Moro, alla sua doppia lingua (pre e post rapimento), quasi che ci fosse bisogno del dolore: non solo per scrivere bene, ma per dare un senso alle pagine di cultura dei giornali italiani. Sarà che quando si racconta una esistenza vera e non quelle fiction solite, la vita entra di prepotenza e chiede alle parole di piegarsi alla realtà documentata. Il problema è il giorno dopo proprio come nei lutti, quando, quelle pagine, tornano all’elogio dei libricini strillati come capolavori, al racconto del nuovo ennesimo giovane genio della narrativa o peggio all’intervista col vecchio scrittore, in basso a destra, titolo sciatto, ma con l’attesa nell’ultima riga, della sua morte, evento che illuminerà, di nuovo, a festa, le stesse pagine grigie. (E, ciao Luca
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