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Affidabilità e stabilità ecco perché il rating ha premiato l’Italia

Il giudizio di S&P ha fotografato la condizione positiva dei conti pubblici e la competitività dell’economia reale

Giancarlo Giorgietti
Giancarlo Giorgietti
di Marco Fortis
Articolo riservato agli abbonati premium
domenica 13 aprile 2025, 00:10 - Ultimo agg. : 14 aprile, 12:37
5 Minuti di Lettura

L’agenzia di rating Standard and Poor è la prima agenzia ad alzare il rating del debito sovrano italiano da molti anni a questa parte. Un fatto storico. Una promozione che finalmente arriva a premiare il nostro Paese per una serie di miglioramenti in atto non da poche settimane o mesi ma da anni. Sicuramente da quando siamo usciti dal Covid con tassi di crescita dell’economia superiori a quelli di altri Paesi riportando altresì il rapporto debito/PIL praticamente agli stessi livelli antecedenti la pandemia: unico caso tra le grandi economie del G-7 e anche rispetto a molte altre nazioni avanzate. Finalmente i nostri progressi sono stati riconosciuti.

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Si trattava di rompere un tabù e buttare alle ortiche tanti stereotipi consolidati: l’Italia “spendacciona”, l’Italia piena di debiti, l’Italia che non cresce, il “fanalino” di coda. Ora S&P ha rotto quel tabù e spiazzato anche i tanti “gufi” e autolesionisti nostrani, alcuni dei quali nei mesi scorsi sono addirittura arrivati a dire che il vecchio rating era “giusto”.

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La promozione è oltremodo significativa perché interviene nel mezzo della bufera mondiale dei dazi scatenata dal presidente USA Donald Trump. Non era una promozione scontata. Invece, S&P confida che, dopo il rinvio di 90 giorni dei dazi applicati all’Europa, anche un eventuale successivo avvitamento della guerra commerciale non intaccherebbe i progressi intervenuti negli ultimi anni nella posizione creditoria netta sull’estero del nostro Paese e nei bilanci delle aziende e delle famiglie italiane: «un cuscinetto che mette l’Italia in una posizione forte ed è improbabile che questo trend si rovesci anche qualora l’aumento delle tariffe americane sulle merci europee dovesse erodere i surplus nel periodo 2025-2028».

In aggiunta, rileva S&P, l’Italia «potrà trarre beneficio dall’accelerazione degli investimenti legati al Next Generation EU e dagli effetti del pacchetto di stimoli fiscali di circa il 20% del PIL della Germania», nostro principale mercato estero. La ripresa della Germania, in altri termini, potrebbe controbilanciare eventuali cali del nostro export verso l’America. L’Agenzia osserva peraltro che «la natura globale delle tariffe USA offre all’Italia un vantaggio: se i concorrenti dell’Italia devono sopportare dazi analoghi il rischio di perdere quote di mercato diminuisce. Ciò è particolarmente rilevante per la meccanica che rappresenta quasi il 20% delle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti. In più, la domanda di beni costosi – quali auto di lusso o vini premium – è tipicamente meno sensibile ai cambiamenti di prezzo».

Italia creditrice netta verso il mondo

S&P mette in particolare evidenza la forte crescita della posizione patrimoniale sull’estero dell’Italia intervenuta dopo il Covid, passata da un quasi equilibrio a un surplus pari a ben il 15% del PIL a fine 2024. Ciò a causa «dei consistenti risparmi privati e di un export resiliente». Con ciò dando ragione al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, in occasione della cerimonia di premiazione dei cavalieri del lavoro, lo scorso ottobre aveva “sferzato” le agenzie di rating proprio su questo punto. Disse testualmente Mattarella nel suo discorso rivolto agli imprenditori: «Le esportazioni italiane continuano a registrare dati positivi, a sostegno del prodotto nazionale. Merito ulteriore di quelle aziende che sono state capaci di affrontare i rischi e le opportunità della globalizzazione. I dati di Bankitalia certificano un balzo del nostro Paese: la posizione netta sull’estero, a giugno di quest’anno, era creditoria per circa 225 miliardi di euro. Una dimensione enorme: il 10,5% del Pil. Irragionevole che non venga notato dalle agenzie di rating nel valutare prospettive e affidabilità dell’economia italiana».

E il dato citato dal Presidente della Repubblica nel frattempo è persino migliorato, arrivando a fine 2024 a ben 335 miliardi di euro (vedi grafico), pari al 15,3% del nostro PIL. L’Italia, cioè, è un grande creditore netto verso l’estero, come la Germania e i Paesi cosiddetti “frugali”, mentre nazioni come gli Stati Uniti, la Francia o la Spagna sono grandi debitrici nette. In valore assoluto, la posizione patrimoniale sull’estero dell’Italia è ormai la quarta dell’Eurozona, dopo Germania, Paesi Bassi e Belgio. Secondo l’Eurostat, la Francia, invece, è debitrice netta per 594 miliardi di euro, la Spagna per 701 miliardi. Mentre secondo l’US Bureau of Economic Analysis, la posizione finanziaria netta degli Stati Uniti verso il mondo è negativa per la stratosferica cifra di 26,2 trilioni di dollari.

Finalmente promossi

S&P, poi, sottolinea vari altri elementi di resilienza e progresso dell’Italia: il debito/PIL relativamente sotto controllo, il surplus statale primario raggiunto nel 2024, i consistenti miglioramenti del mercato del lavoro. Inoltre, un altro elemento chiave per l’agenzia è la stabilità del governo.

In conclusione, segnatevi la data dell’11 aprile 2025 perché è dalla notte dei tempi che una agenzia di rating non promuoveva l’Italia. Il nostro Paese a fine anni ’80 del secolo scorso aveva ancora, per S&P, un rating AA+. Divenne poi AA nel 1993, quindi AA- nel 2004, A+ nel 2006 e A nel 2011. Il nostro rating fu portato a BBB+ nel 2012, nel pieno della crisi dei debiti sovrani, poi ulteriormente abbassato a BBB nel 2013 e infine toccò il fondo nel 2014 a BBB- dopo l’austerità. Con il ritorno alla crescita del PIL e alla stabilità del rapporto debito/PIL durante i governi Renzi e Gentiloni, l’Italia fu promossa a BBB con outlook stabile nel 2017. Fu, quella, l’ultima volta che il nostro rating subì un upgrading. L’outlook, da parte sua, fu peggiorato a negativo nel 2018 e ritornò positivo con il Governo Draghi nel 2021, ma col rating sempre inchiodato al livello BBB. Oggi, finalmente, siamo tornati al livello BBB+. C’è un solo modo per rimanerci o, se possibile, migliorare ancora. Mantenere i conti pubblici sotto controllo, continuare con le riforme e accrescere ulteriormente il nostro potenziale di crescita.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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