Santa Maria Capua Vetere, i pestaggi
nel video dell’orrore: colpito paralitico

Santa Maria Capua Vetere, i pestaggi nel video dell’orrore: colpito paralitico
di Mary Liguori
Martedì 29 Giugno 2021, 23:55 - Ultimo agg. 24 Marzo, 08:16
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Con una mano spinge la carrozzella, con l’altra alza e abbassa il manganello. Bersaglia di colpi la schiena dell’anziano detenuto in sedia a rotelle mentre lo porta via dalla cella. È l’immagine più cruenta, il simbolo di un’azione vigliacca e gravissima, la sintesi dei fatti di Santa Maria Capua Vetere. La scena più drammatica agli atti d’inchiesta ritrae il detenuto paralitico che viene portato via e picchiato, che è inerme sotto i colpi dei poliziotti. Ma quella immagine non la sola. Ché, dalle telecamere di sorveglianza interna del reparto Nilo dell’istituto Uccella, si vede con chiarezza ciò che il gip Sergio Enea rappresenta nella misura cautelare che ha colpito cinquantacinque esponenti della polizia penitenziaria e che ne vede indagati altri 40 e ha portato all’interdizione per il capo del Dap Campania, Antonio Fullone

Quel pomeriggio, in risposta alle proteste scoppiate al mattino, il Dap invia a Santa Maria Capua Vetere centinaia di uomini provenienti da Secondigliano e Avellino. È una sorta di task force decisa dall’allora provveditore regionale, Antonio Fullone, da due giorni interdetto dalle sue funzioni.

C’è da ristabilire l’ordine delle cose, all’«Uccella», e per questo i reparti speciali in supporto agli agenti del posto, arrivano con caschi e scudi. E con gli sfollagente.

Ed eccoli nel video formare un corridoio umano entro il quale i detenuti son costretti a passare mentre piovono sulle loro teste, sulle loro mani, sulle spalle e sui fianchi manganellate e pugni. Sono immagini crude, pubblicato per primo ieri dal sito del quotidiano «Domani», ma non sono immagini isolate. Fanno parte di un lunghissimo filmato agli atti. I secondini credono di farla franca perché hanno spento i monitor del sistema di sorveglianza, ma a schermo disattivato l’impianto, come è ovvio, continua a registrare. E a volto scoperto, con la sola mascherina sulla bocca, gli agenti di Santa Maria Capua Vetere spingono decine di detenuti in una sala ampia, li ammassano contro i muri a suon di pedate e ceffoni.

Un poliziotto anziano colpisce un giovane carcerato più e più volte dietro la nuca. Il ragazzo si copre con le mani, gliele spostano a suon di manganellate. Poi ci sono le telecamere posizionate lungo le scale. Un altro girone della morte. Agenti in tenuta antisommossa che per ora l’hanno fatta franca perché non esiste neanche un verbale di servizio con i nomi di chi il Dap inviò quel giorno a Santa Maria Capua Vetere, aspetta i carcerati in cima alla rampa di gradini. Appena lo ha a tiro sferra un colpo, poi un altro e un altro ancora finché il malcapitato non raggiunge la scala successiva dove lo aspetta un altro poliziotto che picchia a mani nude. Avanti un altro, che si trascina in ginocchio su per la gradinata, con un poliziotto che, da dietro, lo colpisce con lo sfollagente e un altro che lo rialza afferrandogli il collo e poi giù manrovesci e calci. Ancora e ancora, in una interminabile e terribile sequenza di ignominia.

Poi c’è il video di un’area immediatamente esterna alle celle. L’obiettivo della telecamera è parzialmente coperto dal mobile di un estintore, ma quello che inquadra basta a dare i brividi. I detenuti vengono tirati fuori a forza, uno per uno. Qualcuno cade sull’uscio della porta, un poliziotto di mezza età lo prende a calci mentre è a terra. Una, due, tre, quattro, cinque volte. Poi avanza un altro carcerato e, in gruppo, gli agenti lo bersagliano di schiaffi sulla testa finché non riesce, zoppicando e cercando invano di coprirsi il capo con le mani, a oltrepassare la tempesta di manate. E via così per interminabili minuti che segnano la pagina più buia, tra quelle documentate, della storia della polizia penitenziaria italiana e delle carceri stesse. 

Video

Ma il video è servito anche a scagionare alcuni agenti, come i tredici che quel giorno intervennero su ordine del Dap. Il loro comandante, dirigente del nucleo traduzione Tiziana Perillo, è indagata a piede libero ma è evidentemente un atto formale. La dirigente non è stata colpita da alcuna misura cautelare, come erroneamente riportato ieri e, come si evince anche dal video, né lei né i suoi uomini prendono parte alle violenze, tant’è che nessuno degli agenti irpini, peraltro intervenuti senza scudi e senza manganelli, risulta indagato. A Perillo, difesa dall’avvocato Generoso Pagliarulo, la Procura contesta l’aver preso parte alla perquisizione, illegittima secondo l’accusa, ma il dirigente quel giorno non fece altro che eseguire gli ordini del capo del Dap, il quale aveva chiesto rinforzi per Santa Maria Capua Vetere. «La mia assistita - ha dichiarato il legale - ha svolto come sempre il suo dovere nel massimo rispetto della legge».

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