Crollato per incuria il Castelluccio che svettava al borgo

Era la stazione di caccia borbonica realizzata sul Belvedere di San Leucio

Crollato per incuria il Castelluccio che svettava al borgo
di Franco Tontoli
Sabato 2 Dicembre 2023, 09:17 - Ultimo agg. 11:56
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La collina incombente su San Leucio, una delle "vette" della catena dei Tifatini, da tempo ha riconquistato il verde devastato da incendi che l'avevano resa calva, difficilmente però potrà riconquistare il Castelluccio, come i leuciani lo chiamavano, che proprio sulla cima ne costituiva una sorta di cappello. Residuo archeologico, uno scheletro ma ancora ben messo sui pilastri portanti e ciò che era rimasto delle pareti, era stato torre di avvistamento e di sosta per il Re Ferdinando, aiutanti, canettieri e cani impegnati nelle battute di caccia.
Era un accessorio, la torretta, della Posta del Re, la casetta immediatamente sottostante poco distante dal Belvedere, la reggia-due che ancora sovrasta quelle che furono le seterie della Real Colonia.

Quelle mura scheletriche, dalla pianura apparivano come una "H" per come erano state traforate dal tempo e dalla connessa incuria di chi le aveva fatte deperire, facevano da punto di riferimento e distinguevano la collina dalla contigua Castel Morrone, pietra su pietra la sua dipartita fino al colpo di grazia della tormenta che ne causò il definitivo crollo nella notte fra il 30 novembre e il primo dicembre del 2013.

Nel decimo anniversario dalla scomparsa di queste vestigia borboniche, un gruppo di leuciani si sono riuniti per studiare il da farsi per un tentativo di recupero dei blocchi tufacei e la possibile ricostruzione, comunque rispettandone lo stato di rudere.

«Un ricordo da conservare come un soprammobile di famiglia a memoria dei tempi andati - dice Lucio Carnevale, presidente del Circolo Sociale San Leucio - una traccia storica e architettonica che con sgomento abbiamo visto sgretolarsi e poi sparire nella totale indifferenza di organi cui è demandata sorveglianza e tutela. La collina è di privata proprietà ma una testimonianza di un edificio seppur minuscolo che vi insiste, databile di oltre due secoli, comunque dovrebbe rientrare tra i beni da tutelare».
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Considerazione condivisibile ancor più se si pensa che i lavori della bretella di collegamento fra San Leucio e Vaccheria sono stato bloccati in via dei Caprioli per circa due anni dalla Soprintendenza ai beni architettonici e culturali per la scoperta in corso d'opera di un tratto di canale fognario d'epoca borbonica.
La domanda che si sono posti i convenuti alla riunione dei leuciani intenzionati al recupero del Castelluccio è: perché tanta solerzia riferita a tracce sotterranee di un canale di fogna e tanta trapassata incuria nella tutela delle tracce, queste visibili, di un'opera della stessa era borbonica?

Il Castelluccio, meta delle arrampicate di generazioni di ragazzini delle borgate sottostanti, Pasquale Ventriglia al pari di coetanei che trasudano "leucianità", ricorda: «Tra i giochi che praticavamo tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, c'era quello della posa della bandiera che erano lenzuola dismesse, da issare sul Castelluccio a testimonianza di ascensioni fatte attraverso rovi e sterpaglie. La conquista di questo nostrano Everest scatenava rivalità fra i ragazzi di Briano, Sala e Ercole e si organizzavano spedizioni su spedizioni, si ammainava un vessillo e si innalzava quello della borgata sopravvenuta. Era un continuo palio in altura, sane competizioni, sana rivalità, tutto all'aria aperta, queste le vacanze estive della nostra generazione».

Lucio Carnevale mostra una foto del Castelluccio, pullula di soldati in divisa detta "coloniale" in addestramento, truppe in partenza per la spedizione in Africa a metà degli anni Trenta. «Ci aspettiamo di incontrare difficoltà - dice - ma siamo intenzionati a provare, cercheremo aiuto e patrocinio per il recupero dei resti del Castelluccio, siamo a non siamo in un territorio che è anche tutelato dall'Unesco?».

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