Ex Macrico Caserta, via al dibattito:
«Un concertone come Bowie a Berlino»

Ex Macrico Caserta, via al dibattito: «Un concertone come Bowie a Berlino»
di Lidia Luberto
Martedì 4 Gennaio 2022, 12:00
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«La più bella occasione per Caserta dal dopoguerra», così lo scrittore Antonio Pascale commenta l'annuncio dell'acquisizione del Macrico del vescovo Pietro Lagnese. «E, per velocizzare i tempi della messa a disposizione dell'area e per sancire quella che è una vittoria della città, sono pronto ad organizzare un concerto, se non dentro, fuori dalle mura del Macrico che, come quello di David Bowie a Berlino, riesca ad abbatterle». Toni entusiastici: «Potrebbe diventare una specie di Central park e anche uno snodo per vari servizi, nonché il corrispettivo moderno e più facilmente accessibile del Parco reale. Ora mi aspetto che nasca una discussione bella, civile, ordinata intorno alle sue funzioni non solo fra architetti e urbanisti ma con la partecipazione dei cittadini, in modo che il Macrico non sia solo un collettore di verde ma anche di idee e progetti per una sua fruizione sociale e culturale».

L'operazione, secondo Sergio Tanzarella, fra i fondatori del Comitato Macrico Verde, ha sanato una vecchia ferita e aperto prospettive nuove e, per molti versi, ormai inattese. «La decisione del vescovo Lagnese conclude la vicenda aperta da Nogaro durante il Te Deum del 2000, quando avvertì che non avrebbe mai firmato alcun consenso che potesse permettere un progetto speculativo che qualcuno stava cercando di attuare.

Il nostro Comitato spiega Tanzarella nacque proprio all'indomani dell'omelia di Nogaro, nel gennaio 2001. Da allora, ci siamo mossi in tre direzioni: abbiamo bloccato progetti che consideravamo non consoni all'interesse dalla città, con lo stesso Nogaro, abbiamo esercitato pressioni sulla sede centrale dell'Istituto sostentamento del clero dal quale ottenemmo disponibilità, purché i sindaci avanzassero una proposta, cosa che nessuno di loro ha fatto, ed elaborammo una proposta di fattibilità capace di rendere l'area produttiva senza cementificarla. Ora, però, sono cambiate addirittura le prospettive perché è la Chiesa che prende in mano il Macrico per gestirlo a favore della città. E sono molto fiducioso: il vescovo Lagnese e il nuovo presidente dell'Istituto, don Antonello Giannotti, sono una garanzia, la Conferenza episcopale investe sul buon esito della vicenda per l'immagine della Chiesa e c'è l'attenzione del Papa. Fui io stesso, in udienza privata dal pontefice per altri motivi, a consegnargli, nel gennaio 2020, la documentazione relativa al Macrico e constatai il suo interesse a che l'area avesse una funzione sociale. Un approccio che è in linea con le sue encicliche sulla Cura del Creato con l'impegno a favore della gente». 

Soddisfatta ma con un approccio guardingo Legambiente. «È una novità positiva che rimette in moto una situazione bloccata da anni ed è potenzialmente beneaugurante, ma temo false illusioni», dice Gianfranco Tozza, vicepresidente di Legambiente Caserta. «Intanto speriamo in una discussione articolata che tenga conto anche dello studio di fattibilità, al quale lavorai anch'io, commissionata dal Comitato e che aveva previsto quattro macrofunzioni: un orto botanico, un'area sportiva, un'area sociale, un festival internazionale dei giardini con relative attività, tutto in partnership con enti e associazioni». 

La vittoria di una battaglia ventennale per Maria Rosaria Iacono, presidente Italia nostra Caserta: «Dopo tanto penare pare che questa volta il risultato sia concreto», dice. «Le lotte, sebbene non sempre con la stessa intensità, la stessa tensione e continuità, di tanti cittadini sono servite. Ora mi aspetto molto dalla proprietà che si sta rivelando accorta, sensibile alle reali esigenze della città e che, ne sono convinta, non si lascerà attrarre da tentativi speculativi o da necessità fittizie». Di congiuntura favorevole parla Francesco Apperti, ex consigliere di Speranza per Caserta, il movimento che della battaglia sul Macrico ha fatto un punto di forza: «Anche la formula trovata, quella cioè di non pensare ad una vendita del bene ma ad un'acquisizione, mi sembra vincente e di buon auspicio, ora è importante trovare formule che non contemplino la cessione all'ente locale, che potrebbe avere difficoltà a gestirla, ma mirino alla fruizione e alla funzione sociale e ambientale. Dobbiamo continuare a vigilare. Nonostante la fiducia che nutriamo nel vescovo e nelle capacità di don Antonello, i rischi legati agli appetiti di qualcuno potrebbero essere non del tutto scongiurati». 

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