Licenziato perché chiese la liquidazione,
il giudice del lavoro: reintegrate l'operaio

Licenziato perché chiese la liquidazione, il giudice del lavoro: reintegrate l'operaio
Marilu Mustodi Marilù Musto
Giovedì 6 Ottobre 2022, 07:19 - Ultimo agg. 22:15
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Una storia di diritti e di lavoro, di possibilità e di licenziamenti su due piedi. Stavolta, il giudice del lavoro ha dato ragione al lavoratore e l'azienda ha reintegrato il suo ex dipendente. Una fine da contrappasso dantesco con la società che soccombe alla decisione. La ditta si occupa di distribuzione di prodotti alimentari all'ingrosso, con sede a Piedimonte Matese.

La storia è questa: un dipendente della società di Piedimonte, C.D.

di cinquant'anni, casertano, qualche anno fa aveva promosso un giudizio nei confronti di varie società per cui aveva lavorato per recuperare la liquidazione non pagata. Di fatto, la liquidazione viene data dal datore di lavoro al momento della cessazione del rapporto, tuttavia, se sussistono dei requisiti, è possibile richiedere un anticipo. E con l'anticipo del Tfr il lavoratore dipendente può ottenere subito una parte della cosiddetta liquidazione fino a quel momento maturata in azienda. Torniamo al caso specifico: l'ultima delle società dove l'operaio aveva svolto la prestazione il lavoratore di Piedimonte, ritenendo di essere estranea alla vicenda e dopo aver offerto un accordo al lavoratore, lo ha licenziato. Da quel momento in poi, il cinquantenne è sprofondato nella disperazione, ma non si è perso d'animo e ha impugnato il licenziamento. Stando al suo punto di vista, era una sorta di «ritorsione».

Il giudice del lavoro del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha aderito alla tesi del difensore del lavoratore, l'avvocato Domenico Carozza, e ha dichiarato «nullo il licenziamento perché posto in essere per ritorsione». Non solo. Ha condannato la società a reintegrare il lavoratore sul posto di lavoro oltre che riconoscergli quanto dovuto dal licenziamento. C'è da dire che il magistrato di Santa Maria Capua Vetere ha anche riconosciuto, alla effettiva reintegra dell'operaio, i contributi previdenziali che, intanto, non erano stati versati. Interpretando la sentenza, si può ben capire come l'azienda di distribuzione prodotti alimentari all'ingrosso di Piedimonte abbia, probabilmente, innescato la reazione ritorsiva quando il suo lavoratore lo ha chiamato in giudizio ritenendo che fosse solidalmente responsabile, con precedenti società, del pagamento di oltre 50.000 euro di Tfr (liquidazione). Da lì, la storia giudiziaria che si è conclusa con una sentenza favorevole per il lavoratore.

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Un altro caso finito in tribunale, riguarda un operaio che ha lavorato dal 1979 al 2004 alle dipendenze della società Sige elettromeccanica, poi Sige ferroviaria esposto a fibre di amianto, ragion per cui gli è stata riconosciuta la rivalutazione contributiva prevista dalla legge. Nell'ottobre del 2020 M.D. aveva scoperto di avere un cancro ai polmoni, prima trattato con chemioterapia e poi chirurgicamente. Il Ctu nominato dal giudice ha riconosciuto la malattia professionale sul presupposto che la cosiddetta esposizione esterna è divenuta esposizione interna all'amianto causando il tumore con il trascorrere degli anni, legata all'attività lavorativa svolta dall'uomo a Sige e, quindi, di origine professionale.

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