«Mascherine al ribasso:
noi imprenditori italiani tagliati fuori»

«Mascherine al ribasso: noi imprenditori italiani tagliati fuori»
di Nadia Verdile
Lunedì 28 Febbraio 2022, 07:39 - Ultimo agg. 16:12
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Mascherine e concorrenza sleale. Protestano gli industriali che da mesi ci permettono, con la loro produzione di qualità, di difenderci dagli attacchi del coronavirus. Hanno riconvertito, due anni fa, la loro produzione per salvaguardare i posti di lavoro, ampliando la loro attività produttiva. «Nel marzo 2020 spiega Antonio Nappa, dell'omonima azienda aversana, leader in Italia nella produzione di mascherine il governo ci chiese di rendere l'Italia autosufficiente nella fornitura di mascherine. Noi ci impegnammo a rispondere a questo appello. Avviammo una filiera completa al 100% italiana di produttori, il nostro impegno portò da una produzione di due milioni e mezzo di mascherine a novanta milioni a settimana, abbiamo incrementato i posti di lavoro, abbiamo creato una filiera italiana di Melt blown. Ma ci sembra che ci sia il rischio di un ritorno al punto di partenza di fronte ad una concorrenza asiatica distorta». Ad Aversa Grafica Nappa è punto di riferimento nel panorama nazionale per il settore cartotecnico e della stampa pubblicitaria ed editoriale. Nata nel 1919, l'attività di famiglia è oggi gestita dalla terza e quarta generazione. Con l'avvento della pandemia, rispondendo all'appello del governo, aveva riconvertito parte della sua produzione in mascherine di eccellenza. 

«Bisogna evitare gare al ribasso - continua Antonio Nappa - che prediligono esclusivamente il prezzo a discapito della qualità e la sicurezza. La struttura commissariale ha fatto solo due bandi di gara (in urgenza), una a fine agosto per 30 milioni di mascherine ed uno ai primi di gennaio per 60 milioni. Questi bandi di gara sono stati quasi ad appannaggio esclusivo di aziende intermediarie di prodotti cinesi. Non c'è un solo produttore italiano che abbia fornito una mascherina, perché il criterio utilizzato è quello del massimo ribasso in un comparto dove invece la qualità deve essere prioritaria in quanto sono mascherine indossate da personale sanitario e nelle scuole. Abbiamo con orgoglio notato che il nostro primo ministro indossa mascherine made in Italy, prodotte da fabbricanti firmatari dell'appello. La domanda che pongo e poniamo è questa: perché il personale sanitario e quello delle scuole deve indossare prodotti provenienti dal continente asiatico?».

Dunque sarebbe questa la situazione, due percorsi, due pesi e due misure e tutto a danno della produzione interna.

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«Noi industriali - aggiunge Nappa - ci siamo impegnati a rispondere all'appello del governo ad inizio pandemia. Abbiamo inviato più di 60 lettere ai ministeri e al generale Figliuolo, spesso senza risposte o con risposte attendiste. Purtroppo anche le gare in Campania sono fatte al prezzo più basso, cosa strana dato che il presidente De Luca si è speso tanto contro il bando perso dalla Prysmian (con il rischio che chiuda la fabbrica in provincia di Salerno) proprio a causa della concorrenza cinese. È necessario aprire un dialogo con governo e regioni nell'interesse della salute dei cittadini e dei suoi imprenditori». La situazione nei paesi europei è simile ma diverse sono le scelte politiche. In Francia però Macron sta studiando un piano per dare continuità alla filiera nazionale, per evitare di tornare al punto di partenza in caso di una nuova pandemia. Negli Usa il presidente Biden ha preteso che le Ffp2 fossero acquistate solo da aziende nazionali.

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