Mozzarella al tempo del Covid:
scontro sul latte congelato

Mozzarella al tempo del Covid: scontro sul latte congelato
di Emanuele Tirelli
Domenica 10 Gennaio 2021, 08:00 - Ultimo agg. 09:29
4 Minuti di Lettura

È sorta una questione sulla mozzarella di bufala campana dop, almeno per Confagricoltura. Più precisamente, si parla del latte utilizzato. Secondo l’organizzazione di tutela e di rappresentanza delle imprese agricole, «la proroga al disciplinare di produzione, fino al 30 giugno, dell’utilizzo di latte congelato da parte dei caseifici per la mozzarella di bufala campana dop, non aiuta il settore dell’allevamento e non valorizza l’immagine del prodotto verso i consumatori». Ma il Consorzio di tutela del prodotto e di tutta la filiera non riesce a comprendere dove sia il problema, l’oggetto del contendere. E la definisce come “una polemica strumentale, si fa solo demagogia, perché invece c’è stata grande compattezza nel settore per approcciarsi al meglio alle criticità di questi lunghi mesi; perché tutto è tracciato, certificato; perché bisogna fare i conti con il mercato e con il latte prodotto, pagato e non utilizzato».

All’inizio del primo lockdown, il ministero delle politiche agricole ha modificato in via temporanea il disciplinare di produzione della denominazione «Mozzarella di bufala Campana», consentendo l’uso di latte congelato, e adesso ha provveduto a una proroga fino al 30 giugno. «Per evitare di buttarlo via o lasciarlo a terra, visto che l’utilizzo di questo latte è solo per la mozzarella, prodotto freschissimo, a differenza di altri tipi che possono trovare più di un utilizzo», dice Pier Maria Saccani, direttore del Consorzio. «È chiaro che la pandemia e la crisi economica non siano terminate e che la proroga ne sia una diretta conseguenza. Ci ritroviamo ancora con grandi quantità: non si tratta di congelarne altre, ma di usare quelle già esistenti. Inoltre, come è possibile verificare dal sito del ministero, questo provvedimento temporaneo e necessario è in buona compagnia di molti altri che riguardano tantissimi prodotti di qualità». L’assenza di turismo e le chiusure determinate dalle restrizioni per la lotta al Covid hanno smontato drasticamente gli sbocchi della mozzarella dop.  

«Da marzo 2020 siamo in una situazione drammatica.

Il Covid ha portato alla rottura di ogni equilibrio di mercato, quindi i produttori si sono ritrovati a dover gestire un’emergenza con un prodotto freschissimo, e i trasformatori ad aver ritirato e pagato il latte senza poterne usare grandi quantità. C’è un impoverimento generale delle aziende della filiera, che ha perso il 10-15 per cento, vale a dire una cifra che va dagli 80 ai 100 milioni di euro. Questo provvedimento è una soluzione che tiene conto della realtà». 

Confagricoltura dice inoltre di riscontrare «una mancanza della certezza dei dati sui quantitativi di latte che i caseifici hanno stoccato e sui prodotti semitraformati (le cagliate) che ne sono derivate e di quante di queste ne siano state finora utilizzate. Sull’argomento nei giorni scorsi è intervento anche il parlamentare Paolo Russo insistendo su posizioni analoghe a Confagricoltura. E, di fatto, si è sminuito decisamente il rigido sistema di controllo previsto tra latte dop munto e prodotto dop trasformato». E chiede «attenzione, trasparenza e tracciabilità per il comparto dell’allevamento della bufala». 

Ma il Consorzio non ci sta nemmeno a queste affermazioni. «Siamo una delle filiere più trasparenti, con una tracciabilità completa sulla piattaforma gestita dai ministeri di Agricoltura e Sanità, dove confluiscono i dati tramite l’organo di controllo. Ulteriore trasparenza per il consumatore è garantita, come previsto dal disciplinare, dall’etichetta che riporta l’utilizzo del latte congelato. Abbiamo anche il supporto tecnico di alcuni docenti universitari che hanno valutato immutato il livello qualitativo del prodotto. Non comprendo allora queste affermazioni di Confagricoltura. Così come non trovo alternative possibili a quanto abbiamo fatto, nemmeno suggerite. Anche durante quest’anno così complesso, il comparto, che include pure gli allevatori, ha dimostrato di esistere, di soddisfare le richieste del mercato e di prestare attenzione alle esigenze. Bisognerebbe invece concentrarsi sull’impoverimento che ha determinato tutto questo, sulla ripartenza del sistema che guarda al turismo e ai beni culturali». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA