«Il bibliotecario di Auschwitz»: libri per combattere le SS nel nuovo romanzo di Frediani

«Il bibliotecario di Auschwitz»: libri per combattere le SS nel nuovo romanzo di Frediani
di Marco Perillo
Venerdì 29 Maggio 2020, 17:52
3 Minuti di Lettura
In tempi complessi come i nostri, in cui talvolta capita si neghi persino l'esistenza della Shoah e chi l'ha subita diventa vittima di attacchi quanto meno discutibili, un romanzo che parli di Auschwitz e di quella immane tragedia che fu l'Olocausto è da salutare con particolare favore. Specie se a scriverlo è uno storico di primissimo livello, Andrea Frediani, apprezzatissimo anche come romanziere. È in libreria “Il bibliotecario di Auschwitz” (Newton Compton Editore, pagine 320 € 9,90, e-book: € 4.99), tratto da una storia in cui realmente lo storico Frediani, consulente scientifico della rivista «Focus Wars» e autore di numerosi saggi, si è imbattuto qualche tempo fa. Il tempo della narrazione è l'infausto 1944. Il professore ebreo Isaia Maylaender, tornato in Ungheria da Fiume per star vicino agli anziani genitori, si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato e finisce con loro ad Auschwitz-Birkenau. 

Maylaender è un uomo brillante, abituato agli agi, e la realtà spietata e disumana del lager minaccia di consumarlo. Giorno dopo giorno, la costante lotta per la sopravvivenza in condizioni degradanti lo spinge sull’orlo dell’abisso. Quando ormai tutto sembra perduto, una proposta inaspettata riaccende in lui la speranza: Hillgruber, un ufficiale delle SS, gli affida il compito di catalogare i libri requisiti nel ghetto di Cracovia e di organizzarli in una biblioteca che offra ai soldati nazisti distrazioni più elevate del gioco e del bordello. L’iniziativa colma di entusiasmo il professore, che spera, grazie ai libri, di rendere più umane le SS. Mentre Maylaender si getta a capofitto nella missione, e i sovietici si avvicinano sempre di più al lager, Hillgruber gli assegna altri due incarichi: fare da precettore al figlio e redigere le sue memorie di guerra, compiti che si riveleranno molto più pericolosi di quanto Isaia avrebbe mai potuto immaginare.

Un romanzo che si legge veloce e che mescola realtà storica a colpi di scena. Ma soprattutto un'opera in cui si sottolinea il valore dei libri e della cultura, immutabili punti fermi in un mondo brutale che non è soltanto quello dei tempi della seconda guerra mondiale. Il tutto, attraverso una narrazione in prima persona e una voce che ti accompagna fino all'ultima pagina. Con gli occhi del protagonista, la partecipazione alla storia è totale:

«Perché è questo che voglio raccontare - si legge nelle prime pagine del romanzo -. L’inferno reale. Non quello immaginario, creato dall’Alighieri, dalla Chiesa cristiana, talvolta edificante, perfino epico, addirittura rassicurante, per quella sua tendenza a stabilire un fato preordinato in relazione al peccato commesso. No, l’inferno nel quale sono finito io, insieme a milioni di altri, non ha alcuna relazione di causa ed effetto. Alla pena non corrisponde necessariamente un reato. Non c’è giustezza, non c’è giustizia, c’è solo il caso. Puoi finirci a soffrire e morire solo perché sei nato o sei finito dalla parte sbagliata dell’universo. Ho voluto vivere. Ho combattuto per vivere, e per qualcuno potrebbe essere una colpa. Perché la vita di uno solo di noi dovrebbe essere così importante da giustificare qualunque atto per rimanervi aggrappati? Per un perverso paradosso, macchiarsi di colpe che, nella Chiesa cristiana, ci spedirebbero nell’inferno dantesco è l’unico sistema, spesso, per sopravvivere all’inferno in terra. Proprio quando la morte è più scontata della stessa esistenza alcuni di noi si accorgono di quanto preziosa sia la vita. E sono disposti a tutto pur di preservarla: anche a diventare come i loro aguzzini. Come possano convivere poi col ricordo di ciò che hanno fatto, non lo so immaginare. Il fato mi ha risparmiato la tentazione di trasformarmi per poter vivere. La mia volontà mi ha permesso di dare un senso alla mia permanenza all’inferno. E il mio intelletto mi ha offerto la possibilità di svolgere una missione».

Non è un caso che Corrado Augias abbia definito Frediani un grande narratore. 
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