Pascale su Pascal: «L'altra scommessa» del pessimismo laico

La filosofia di un ateo ma meridionale

Antonio Pascale
Antonio Pascale
di Ugo Cundari
Mercoledì 28 Giugno 2023, 09:44
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Di questi tempi essere felici è un imperativo categorico imposto più o meno subdolamente a tutti, perché solo chi è felice consuma, non si fa molte domande, non scende in piazza. E poi pensare al peggio porta male, lo suggeriva anche Einstein: «è meglio essere ottimisti e avere torto piuttosto che essere pessimisti e avere ragione». Bisogna scommettere sul lieto fine, insomma, in ogni occasione. Contro questa imposta visione della vita il napoletano Antonio Pascale, l'anno scorso finalista al Campiello con La foglia di fico (Einaudi), ha scritto L'altra scommessa (Marsilio, pagine 128, euro 12), prendendo spunto dal più famoso degli azzardi del filosofo Blaise Pascal, di cui si sono celebrati i 400 anni dalla nascita il 19 giugno, che invitava a puntare sull'esistenza di Dio, perché tanto «se vincete, guadagnate tutto; se perdete, non perdete nulla».

Utilizzando lo stesso calcolo di convenienza, Pascale sposta le aspettative di vincita sull'essere pessimista, perché è più conveniente puntare sul futuro da incubo anziché su quello da sogno, per tanti motivi.

Il pessimista non spera e non si aspetta niente e così non va incontro a delusioni.

E poi basta con la visione miope e banale del pessimista che «è triste, porta iella e preferisce l'immobilità al movimento». Imparare a essere pessimisti fin da piccoli, è questo il sogno dell'autore, insieme a quello di vedere la Terra che gli esseri umani stanno distruggendo disseminata di «oasi del pessimismo» il cui obiettivo, per chi vi entra, è imparare a non sentirsi più così speciali rispetto alle altre forme di vita che abitano un pianeta ferito a morte. «Abbiamo ventimila geni, gli stessi del nematode», un verme delle dimensioni di frazioni di millimetro. «Voi direte: va bene, ma io pianto il mais sull'altopiano, il nematode no. Lo strato di ozono che protegge noi e le nostre opere, però, è spesso tre millimetri e se finisce finisco anch'io, mentre il nematode sopravvive».

Il pamphlet di Pascale, che si definisce «ateo meridionale» e dunque in grado di non credere ma festeggiare l'onomastico, è ironico, zeppo di riferimenti personali e aneddoti autobiografici, leggero al punto giusto con rimandi a temi delicati come l'errore della natura di dotarci di una coscienza, l'impossibilità di comprendere davvero come funziona il cervello, il potere dello storytelling, il libero arbitrio e ovviamente molte pagine dedicate alla scommessa su Dio e su quanto, se davvero esiste, abbia voglia di influenzare i nostri destini.
Avvertenza: il libro è poco raccomandabile a chi deve affrontare un momento difficile, potrebbe suicidarsi prima di scoprire che era un falso allarme, e conveniva affrontare la sfida con la speranza dell'ottimista.
 

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