Federica Brancaccio presidente Ance: «Ecco perché all'edilizia serve una svolta industriale»

Federica Brancaccio presidente Ance: «Ecco perché all'edilizia serve una svolta industriale»
di Nando Santonastaso
Giovedì 9 Giugno 2022, 07:00 - Ultimo agg. 18:06
4 Minuti di Lettura

Presidente Brancaccio, la inorgoglisce di più il fatto di essere la prima donna alla guida dell'Associazione nazionale dei costruttori edili o di essere il primo presidente meridionale nella storia dell'Ance?
«Senza alcun dubbio la seconda - risponde Federica Brancaccio, eletta ieri mattina presidente nazionale dell'Ance -, è la prima volta di un presidente del Mezzogiorno che mi rende davvero felice. Lo reputo importante perché all'interno del mondo associativo non ho mai percepito una discriminazione di genere. Al mio posto ci poteva essere una imprenditrice di Milano, Bologna o di Roma e non sarebbe stata una sorpresa. Era invece piuttosto strano che alla guida dell'Ance non ci fosse mai stato un meridionale, sebbene l'edilizia sia sempre stato un settore trainante per l'industria del Mezzogiorno. A questo punto non c'è più una lettura territoriale dietro la mia elezione ma un unico tema generale di sistema delle costruzioni che va dal Nord al Sud».

Questo spiega perché la sua elezione ha avuto un così ampio consenso?
«Mi hanno detto che la percentuale finale, superiore al 70 per cento dei votanti, è stata effettivamente una delle più alte in assoluto.

Evidentemente è la conferma della consapevolezza che è assolutamente necessaria l'unità in un momento così importante per la categoria».

La riconosciuta centralità del Mezzogiorno può avere dato una mano, agevolando in qualche modo il confronto interno all'Associazione?
«Mi piacerebbe saperlo... Sicuramente tanti colleghi del Nord mi hanno votato e sottolineo che da parte mia non c'è stata alcuna strategia di conquista del loro consenso. La verità è che erano maturi i tempi di temi condivisi dalla maggior parte dell'Ance pressoché su tutti i territori».

Per esempio?
«La necessità per l'Associazione di schierarsi per la qualificazione, l'eccellenza, l'innovazione, il futuro, la transizione ecologica, la sostenibilità ambientale. Sotto questo punto di vista, il lavoro realizzato dal presidente uscente Gabriele Buia e da tutta la sua squadra è stato prezioso e di altissimo profilo».

Il confronto con il governo e il Parlamento resta decisivo per le vostre istanze. Cosa si aspetta dalle prossime settimane?
«Siamo agli ultimi mesi dell'attività di governo e mi auguro che l'approssimarsi delle elezioni politiche non ne condizioni l'operatività. Non ci possiamo permettere mesi di stallo o di proclami propagandistici. La categoria chiede finalmente una politica industriale che non sia fatta solo di misure straordinarie».

Si riferisce alla confusione e alle incognite sul Superbonus 110%?
«Il Superbonus era una misura straordinaria e finalmente si è capito che bisognava spingere il settore anticiclico per eccellenza, cioè l'edilizia. Poi però si cambiano le regole in corsa e la misura straordinaria che ha tanto contribuito al Pil 2021 viene bloccata e diventa un boomerang. Se non si sblocca la monetizzazione dei crediti avremo di nuovo tante imprese a rischio di fallimento. Il Superbonus resta comunque necessario perché il nostro patrimonio immobiliare è drammaticamente vetusto e se non diventa strutturale un certo tipo di aiuti per la riqualificazione almeno del patrimonio residenziale non raggiungeremo mai gli obiettivi europei. Al netto poi di chi ha pensato e attuato le truffe finora scoperte, devo ribadire che la stragrande maggioranza della categoria si è attrezzata e strutturata per cogliere questa opportunità: bloccare tutto vuol dire far ripiombare le imprese nell'incertezza e questo bisogna assolutamente evitarlo».

Volete anche che il Pnrr sia riprogrammato vista l'impennata dei costi delle materie prime...
«La spesa allo stato attuale va rivista. Sulla proroga dei tempi la decisione spetta all'Europa ma un'apertura in tal senso servirebbe a garantire al mercato un equilibrio dei prezzi. Qualcosa di sicuro va fatto, perché in attesa dell'Ue non possiamo stare fermi. E questo vuol dire mettere mano ai valori delle opere previste dal Pnrr, rivederli cioè perché stiamo affrontando uno tsunami».

Ma la riforma del catasto si farà?
«Sono ottimista, penso proprio che si farà». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA