C'è un'immagine, tra le slides illustrative del Rapporto Svimez 2022, che fotografa meglio di molte parole il divario. Racconta la distanza infrastrutturale (ferroviaria) che separa il Mezzogiorno non solo dal Nord ma anche e forse soprattutto dall'Europa. Le linee che rappresentano l'integrazione degli assi della mobilità tra i territori si infittiscono da Napoli in su e diventano inesistenti nel verso contrario. Un deserto fino alla Sicilia, quasi un sogno proibito l'accessibilità del Sud al resto del Paese, con un ritardo in termini di Pil e di mancata crescita ormai superiore all'1,5% all'anno sul totale dell'area. L'accelerazione delle procedure per la realizzazione del Ponte sullo Stretto da parte del governo (entro due anni dovrebbero aprire i primi cantieri, almeno secondo quanto previsto dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini) è sicuramente un segnale positivo. Ma è evidente che la riduzione delle disuguaglianze (a partire dall'offerta dei servizi di trasporto) e la crescita dell'attrattività del Mezzogiorno passano anche e soprattutto attraverso le altre opere previste. Come quelle dell'Alta velocità per le quali, al momento, ci sono luci e ombre.
Alle prime appartiene la forte disponibilità di risorse che il Pnrr ha destinato al trasporto ferroviario del Sud, pari al 57% del totale e dunque ben oltre la riserva del 40% prevista per legge.
Le incognite afferiscono soprattutto all'altro megaprogetto ferroviario in chiave meridionale, l'Alta velocità tra Salerno e Reggio Calabria, che pure ha mosso i suoi primi passi con le misure decise dai due governi precedenti e che, di fatto, diventa strategica in funzione del Ponte sullo Stretto. Salvini ha ricordato in un'audizione al Senato che «per quest'opera non è stato ancora definito il tracciato con i territori coinvolti», riferendosi alle discussioni in corso già da tempo sulle convenienze economiche, ambientali e progettuali su cui fare sintesi con la condivisione dei territori attraversati (quelli al confine tra la Campania e la Calabria sono i più coinvolti nel confronto). «Il progetto dell'Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria fa il contrario di quello che accade nel resto del mondo» dice Francesco Russo, docente di Ingegneria dei Sistemi di Mobilità Sostenibile dell'Università del Mediterraneo, intervenuto ad un recente dibattito in Calabria, confermando l'aria complicata che tira. «È cinquanta chilometri più lunga spiega -. È l'unico progetto del pianeta dove la tratta dell'alta velocità è più lunga della tratta tradizionale». «I treni ci correranno a trecento chilometri all'ora replica l'ad di Rete ferroviaria italiana Vera Fiorani -: non cambia niente se ha qualche chilometro in più. Stiamo anche sostituendo una galleria, che permetterà di trasportare le merci oltre ai passeggeri».
Su un punto però tutti sono d'accordo: se, come sottolinea la stessa Fiorani, negli ultimi due anni «sono iniziate le progettazioni dell'Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria e Palermo-Messina-Catania, in Sicilia è concluso il processo delle autorizzazioni e quasi tutte le gare sono state aggiudicate, e la Napoli-Bari è in fase di realizzazione», è stata fondamentale la presenza dei commissari straordinari. Nel caso specifico, gli stessi massimi dirigenti di Rfi con cui è stato possibile velocizzare i tempi per l'approvazione dei progetti. Un cambio di passo importante», sottolinea Fiorani anche se il governo, per fare il punto della situazione, ha chiesto comunque a tutti i 47 commissari in campo, non solo al Sud, per portare a termine opere e cantieri bloccati, o in ritardo, di comunicare lo stato dell'arte. Se cioè l'Italia delle infrastrutture della mobilità corre alla stessa velocità o meno.