Giovani industriali a Capri, appello per i nuovi impianti: «Sì al rigassificatore di Gioia Tauro»

Giovani industriali a Capri, appello per i nuovi impianti: «Sì al rigassificatore di Gioia Tauro»
di Nando Santonastaso
Domenica 16 Ottobre 2022, 09:05 - Ultimo agg. 17 Ottobre, 08:05
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Cita un grande, indimenticato capitano d'industria come Sergio Pininfarina il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, nel breve intervento conclusivo del Convegno caprese dei Giovani industriali. «Noi non facciamo campagne elettorali, né vogliamo insegnare niente ai politici e pazienza se ai politici non piace ciò che ci sembra giusto». Che al di là del significato più esplicito, e cioè l'assoluta autonomia dell'Associazione dai partiti e dai governi, di qualsiasi casacca, è anche una spia dell'attesa di viale dell'Astronomia per il nuovo esecutivo. Lo dice del resto lui stesso, quasi un preambolo prima del forte appello motivazionale agli imprenditori under 40 («Volate alto, non abbiate timore di dire ciò che secondo voi sarebbe meglio per il Paese perché servono le vostre energie per cambiare l'Italia») che assorbe la maggior parte del suo intervento: «Attendiamo con impazienza la formazione del governo per confrontarci, per presentare la nostra visione. Auspichiamo che si formi al più presto un governo inappuntabile nelle competenze che lo compongono e fermo nelle scelte che gli competono. L'emergenza attuale non consente di perdere tempo».

La crisi energetica, dunque, sul tappeto. A Capri se ne colgono, inevitabilmente, echi e paure. Giuseppe Ricci, direttore generale di Energy Evolutions Eni, parlando a margine del convegno, conferma che «la priorità è attivare subito i rigassificatori di Piombino e Ravenna previsti dal piano del ministro Cingolani e del presidente Draghi che insieme alla diversificazione degli approvvigionamenti e non ultimo al risparmio energetico possono evitare guai nel prossimo inverno». Rimane lontana l'ipotesi di prevederne uno anche a Gioia Tauro, rilanciata anche attraverso il meeting dal governatore della Calabria, Roberto Occhiuto («Le autorizzazioni sono pronte da tempo ma da anni nessuno mi ascolta», dice quasi rassegnato). Più concreto il ragionamento di Stefano Donnarumma, amministratore delegato di Terna: «Per affrancarsi dal gas russo e abbassare i costi dell'energia, l'unica soluzione possibile è accelerare il piano di investimenti su rinnovabili e accumuli. Se il prezzo dell'energia elettrica già oggi dipendesse solo dal costo industriale delle fonti rinnovabili e non fosse ancorato al costo della produzione a gas, ci saremmo trovati nell'ultimo trimestre con un costo della componente energia pari a un quinto di quella attuale. È fondamentale, quindi, che si cambi approccio e sia dia la massima accelerazione ai processi di autorizzazione degli impianti eolici e fotovoltaici. Le aree idonee ci sono, la rete è e sarà in grado di accompagnare questo sviluppo: a fine agosto Terna aveva ricevuto richieste di connessione alla propria rete pari a 280GW, circa 4 volte gli obiettivi che l'Italia si è data al 2030. Un numero in continua crescita, a dimostrazione che i progetti ci sono». Terna peraltro è pronta a realizzare un importante impianto sottomarino tra Campania, Sicilia e Sardegna che prevede cavi a 2mila metri di profondità, primo caso al mondo, per rinforzare le dorsali di trasporto al Sud (costo di svariati miliardi). Ma questo è il futuro. Oggi è l'emergenza bollette a imporre la tabella di marcia perché, come osserva il presidente dei Giovani industriali Riccardo Di Stefano, la sveglia al Paese è arrivata e «l'industria non può morire per colpa dei partiti».

E se Bonomi ribadisce che tutte le risorse vanno concentrate sul caro bollette (servirebbero 50 miliardi di euro), i suoi colleghi più giovani lanciano un messaggio chiaro alla politica: «Lavoro, competenze e innovazione sono gli strumenti primari per costruire il futuro. È su questo che dobbiamo chiedere conto a chi, pro tempore, avrà l'onore di guidare questa grande nazione. Senza sconti, si vedrà se avremo vissuto una stagione di buon governo o un nuovo, duro inverno». Serve insomma «una responsabilità condivisa, da cui nessuno può sentirsi esonerato: maggioranza, opposizione, mondo produttivo e del lavoro, società civile. Alzeremo la voce di fronte a iniziative contro industria e lavoro».

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Le imprese sembrano peraltro reagire bene alla necessità di rivedere i loro piani e i budget relativi: in una intervista al Giornale, il Ceo di EY Massimo Antonelli garantisce che il 93% degli amministratori delegati ha già cambiato i propri piani strategici e stano aumentando i loro investimenti. È possibile che si tratti di una platea di imprese medio-grandi, più aduse a mettere in campo le strategie necessarie in scenari emergenziali come questo. Resta infatti assai diffusa, soprattutto al Sud, la sensazione che tra le piccole imprese industriali si faccia sempre più fatica a vedere più in là delle prossime settimane. 

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