di Paolo Graldi
Venerdì 4 Dicembre 2020, 00:10
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Se la questione dei “caschi bianchi” si potesse risolvere con una battuta si dovrebbe dire: vigilate sui vigili di Roma. Amati così così, ma francamente anche amati pochissimo, i signori di Polizia Roma Capitale (almeno quelli del sindacato Arvd) si sono infilati in una spinosissima querelle: per protesta versus la nomina del nuovo comandante generale minacciano di montare in servizio senza penna e senza orologio, armi indispensabili per elevare contravvenzioni motivate, circonstanziate, inattaccabili. Insomma, promettono multe in bianco, facili da contestare, non valide per mancanza del “dove, come e quando”. L’ora, il luogo, la ragione della contestazione. 


Mancherebbe anche il “perché”, cioè gli articoli di legge violati, ma si sa, a Roma sulla congruità dei “perché” si alzano le barricate. L’annuncio della singolare forma di protesta è stato dato dal capo della compagine sindacale, Mauro Cordova, personaggio di spicco e d’antan del Corpo. La sua dichiarazione di guerra alla sindaca Virginia Raggi dovrebbe coprire l’intero arco delle festività. 


Non pervenuti, per ora, i lamenti dei cittadini, si intuisce il perché. I rapporti città-caschi bianchi, quasi per consolidata tradizione, non sono buoni e le recenti vicende illustrate su RaiTre, ancora tutte da approfondire, hanno portato le relazioni al calor bianco. 
Materiale scottante: mazzette dai commercianti per conquistare la distratta benevolenza di alcune pattuglie, conflitti di interessi tradotti in pacchetti di banconote di euro per la concessione di permessi per le riprese cinematografiche, per non dire di controlli addomesticati, fugaci, amichevoli in locali del centro e, infine, rapporti piuttosto collaudati ma non consentiti dalla legge con personaggi della criminalità organizzata. Ad appannare la situazione si è aggiunta la storia boccaccesca di due agenti disvelati in un amplesso nella macchina di servizio: c’è chi sostiene che era stata dimenticata la radio aperta e chi parla di una microspia nell’abitacolo. 


Episodi, certo, coinvolgenti solo alcuni vigili, ma bastevoli per rimettere la delicata compagine in fibrillazione. Dunque, lasciato l’incarico (dimissioni) da Stefano Napoli a seguito di polemiche a loro volta successive alla messa in onda dell’impegnativa inchiesta di Report di Sigfrido Ranucci, RaiTre, al vertice del corpo è stato chiamato Paolo Gerometta, generale di Corpo d’Armata dell’Esercito, già nella squadra del Campidoglio come responsabile del Dipartimento Risorse Umane, per definizione assai povero di materiale disponibile. 
Gerometta ha fama di uomo d’azione, un cavaliere d’assalto poco incline al compromesso e per niente alle interpretazioni degli ordini di servizio.

Fatto sta che la nuova nomina gela, e non come fatto di stagione, i rapporti tra la Raggi e i suoi vigili.


Torna alla mente la bravata del Capodanno 2014 allorché 767 uomini con quella divisa, attesi per le strade della Capitale nella notte più intensa e festaiola, non si presentarono in servizio inviando al Comando un sintetico certificato medico: sindrome influenzale. 
Una storia vergognosa che si è trascinata per anni e che è finita a tarallucci e vino: tutti colpevoli e dunque nessun colpevole, todos caballeros. 


Le multe senza data, senza ora e senza luogo si stenderanno sulle notti di una città che, come tutte, deve fare i conti con la pandemia del Covid e dunque ha bisogno di tanti occhi sani e severi che guardano, scrutano, annotano e se necessario elevano contravvenzioni. Lo sciopero bianco delle multe, no, non può passare. Altrimenti si dovrà istituire una nuova contravvenzione da inviare a quei vigili senza penna ed orologio. Una copia alla procura della Repubblica per interruzione di pubblico servizio ed omissione di atti d’ufficio. 
 

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