Dietrofront. Niente pi caccia ai cani degli Scavi. I randagi non saranno sfrattati e chiusi nei canili. Alla fine la zampata del buon senso ha chiuso la triste e inutile caccia ai randagi degli Scavi. Niente alchimie o conigli dal cilindro. E’ bastato solo risploverare la legge 16 viva e vegeta dal lontano 2001 e rimetterla in pista. L’asso nella manica è il cane di quartiere.
Sì proprio quello evocato ieri dal commissario prefettizio del Comune di Pompei, Aldo Aldi, per evitare ai quattrozampe delle domus il carcere a vita. Il cuore del provvedimento sta nel primo punto dell’articolo 10 che dice: «Laddove si accerti la non sussistenza di condizioni di pericolosità per uomini, animali e cose, si riconosce al cane il diritto di essere animale libero. Tale animale si definisce cane di quartiere». E infatti è proprio questo il mandato conferito ai veterinari delle Asl: censire, visitare, sterilizzare e microchippare i cani che vivono nell’area per accertare che non siano pericolosi per i turisti.
«Amo gli animali, in particolare i cani, tanto da averne avuti dieci - commenta Aldi - ho, tuttavia, la responsabilità di tutelare le persone applicando le norme previste dalla legge in materia di randagismo». Soddisfatti i volontari delle associazioni che da anni si occupano del benessere dei cani della zona: «Sarebbe stato davvero un grave errore sbatterli in canile e non solo da un punto di vista etico - dicono -: presto nuovi esemplari si sarebbero facilmente riappropriati del territorio vanificando così ogni intervento». Insomma, almeno per ora, i cani pompeiani potranno dormire sonni tranquilli. Anche se il provvedimento è temporaneo dal momento che il mandato di Aldi sta per scadere. Si spera a questo punto che chi ne raccoglierà il testimone usi lo stesso buon senso. E non dovrebbe essere un esercizio difficile. Sì perché la legge 16 offre la soluzione migliore soprattutto sotto il profilo dei diritti degli animali. I cani di quartiere non solo vivono nel rispetto della propria natura di esseri sociali ma rappresentano anche un modo per far risparmiare soldi ai Comuni che ogni giorno tirano fuori denaro per vederli languire in canile. Che quello di Pompei possa essere davvero l’esempio che faccia da apripista a tanti altri Comuni. Basta volerlo. E dirimere per prima cosa la vecchia querelle sulla responsabilità del tutore - singola persona o associazione di volontari - dei cani di quartiere. Non è infatti mai stato chiarito di quale tipo di responsabilità si tratti. Stella Cervasio, Garante dei diritti degli animali del Comune di Napoli avverte: «Questo è il momento giusto per sciogliere il nodo delle responsabilità che troppo spesso viene usato solo come alibi per non far decollare la soluzione-cane di quartiere. Un albo apposito e le norme chiare sono gli strumenti più giusti per chiudere per sempre i canili lager risollevando anche le casse delle amministrazioni pubbliche: la Campania si dia da fare».