Il Lingotto rivede la strategia industriale:
ora rischiano Mirafiori e Cassino

Il ministro Zanonmato con Sergio Marchionne durante la recente visita a Grugliasco
Il ministro Zanonmato con Sergio Marchionne durante la recente visita a Grugliasco
di Giorgio Ursicino
Mercoledì 24 Luglio 2013, 11:19 - Ultimo agg. 11:20
3 Minuti di Lettura

ROMA - Una sentenza che potrebbe cambiare le relazioni sindacali e le nostre strategie industriali in Italia. Rese note le motivazioni della Corte Costituzionale, il Lingotto ribadisce la storica posizione di Marchionne che lo stesso manager aveva ricordato nella recente visita allo stabilimento Sevel di Atessa dove è stato dato il via libera ad un investimento di 700 milioni: «Potrebbe essere l’ultimo se non ci sarà chiarezza».

Il Lingotto chiede chiarezza. L’azienda torinese si riserva di valutare l’interpretazione che ne daranno i giudici di merito, ma la speranza è un intervento del legislatore che «regoli in maniera chiara e definitiva i criteri di rappresentatività», un invito esplicito che lo stesso Marchionne ha fatto al governo e del quale avrà parlato con Zanonato nella recente visita del Ministro alla rinnovata fabbrica di Grugliasco.«Non chiediamo nulla, ma vogliamo essere messi in condizione di lavorare», ha detto più volte l’ad di Fiat e Chrysler aggiungendo altrettanto spesso «siamo legati alla storia di questo paese e qui vogliamo restare, ma non possiamo accettare rischi che mettano a rischio il futuro dell’azienda».

Un'azienda globale in buona salute. Un gruppo risanato e che non va affatto male viste le condizioni drammatiche del settore dell’auto in Europa dove la Fiat fino ad un decennio fa aveva quasi tutto il proprio business. La prossima settimana è in calendario il Cda che approverà i conti della trimestrale e, secondo le anticipazioni degli analisti, la società dovrebbe registrare un utile di 305 milioni di euro nel periodo e di 1,2 miliardi nell’intero 2013, mentre l’utile della gestione ordinaria raggiungerà il miliardo da aprile a giugno per sfiorare i 4 nell’intero anno. Il famoso piano Fabbrica Italia, che Marchionne aveva ufficialmente abbandonato, è stato dallo stesso manager riattivato, ma adottando la strategia dello step by step, cioè annunciando programmi ed investimenti di volta in volta: «Fanno tutti così, non vedo perché dobbiamo concedere vantaggi agli avversari».

Gli investimenti in due impianti adesso sono a rischio. Dopo la spedizione in Val di Sangro sono ormai quattro su sei gli stabilimenti di Fiat in Italia che hanno ricevuto il loro investimento (in totale circa 4 miliardi) e hanno chiara la loro missione. Restano Mirafiori e Cassino e Marchionne aveva promesso che anche questi due impianti a breve avrebbero avuto definito il loro destino. Un futuro fortemente legato alle esportazioni fuori dall’Europa che ora torna in discussione. Non sembrano a rischio gli investimenti già deliberati, ma progetti e programmi potrebbero avere meno vigore, anche perché Fiat ha altri due impianti in Europa (Polonia e Serbia) che chiedono di crescere. Il lavoro fatto in due siti è stato ambizioso e molto coraggioso: a Pomigliano, che era quasi chiuso, è stata riportata la Panda ed è diventato uno degli impianti di riferimento, Grugliasco ospita il grande lancio della Maserati e il ritorno dell’industria italiana nell’alto di gamma, Atessa è già il numero uno in Europa per i veicoli commerciali. Solo Melfi è atteso alla prova con due Suv compatti che dovranno raggiungere una produzione elevata.

© RIPRODUZIONE RISERVATA