Omicidio Fanella, il padre del killer Ceniti: «Non potevo sapere»

Omicidio Fanella, il padre del killer Ceniti: «Non potevo sapere»
di Laura Bogliolo
Sabato 5 Luglio 2014, 12:58 - Ultimo agg. 12:59
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Non sapevo che mio figlio fosse a Roma. Il volto teso, l’accento del nord, una valigetta di pelle marrone. Passeggia nervosamente nei corridoi del Policlinico Gemelli, si passa le mani tra i capelli bianchi e scuote la testa.



Fernando Ceniti è arrivato ieri da Genova, non conosce neanche il volto dell’avvocato che il figlio nella stanza al secondo piano dell’ospedale ha appena acconsentito a nominare come suo difensore, Luigi Conti. «Sono l’avvocato di Giovanni» dice il legale che aggiunge: «Il mio assistito è vigile e stabile».



Giovanni Battista Ceniti, 29 anni, è ricoverato in terapia intensiva dopo essere stato ferito nella colluttazione con Silvio Fanella, ucciso giovedì nel suo appartamento alla Camilluccia dopo un tentativo di sequestro finito male con il commando tradito da un falso mandato. Intanto Luca Breccolotti, amico di Fanella, vicino di casa, anche lui implicato nel processo Mokbel, lascia la sua casa per paura. Perché dietro la spedizione del commando ci sarebbe proprio «il cucuzzaro», il tesoro dell’organizzazione Mokbel.



Via da casa. Ieri sul luogo dell’agguato c’era ancora il sangue di Ceniti lasciato a terra dai due complici fuggiti poi a bordo di una Croma grigia. Non c’era invece più traccia di Luca Breccolotti. «Adesso Luchino ha paura» avevano detto i vicini di casa. Perché Fanella e Breccolotti abitavano nello stesso palazzo da dieci anni. Ieri Luchino ha preferito allontanarsi per motivi di sicurezza, per paura dopo che l’amico Fanella è stato ucciso dal commando dei tre malviventi travestiti da militari della Guardi di Finanza. Perché volevano rapire il broker di Mokbel, volevano portarlo via, fingendo di essere finanzieri.

Il commando ha mostrato a Fanella dei tesserini e un mandato per cercare di convincerlo a seguirli.



L’errore. Ma quel mandato era chiaramente contraffatto, troppo, tanto che Fanella se ne è accorto, ha pensato subito a un tentativo di sequestro già sventato due anni fa dalla Procura di Potenza e ha reagito. La colluttazione, i due spari: uno ha ucciso Fanella, l’altro ha ferito Ceniti con un passato da militante di CasaPound a Verbania, poi espulso dal movimento. Dovrà subire un’operazione per estrarre l’ogiva, poi verrà trasferito per motivi di sicurezza.



Ieri era piantonato dalla polizia, accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. Verrà interrogato dai pm Paolo Ielo e Giuseppe Cascini, titolari dell'indagine, per accertare il movente del tentato sequestro, se si è trattato di un'azione su commissione. La famiglia del giovane non sapeva che fosse a Roma, non sapeva nulla delle intenzioni del ventinovenne. La notizia è arrivata inaspettata. «Ovvio che il padre non avrebbe mai immaginato quello che è successo» dice l’avvocato Conti che sottolinea con forza: «La militanza politica del mio assistito appartiene al passato, lo conferma anche la famiglia».



«Una mia vicina ha visto tre ragazzi fuggire» ha raccontato ieri Luciana, una condomina di via della Camilluccia. Giovani quindi, come Ceniti che ancora non parla.
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