#ioapro, la disobbedienza di bar e ristoranti contro le chiusure anti-covid si organizza sui social

"#ioapro", la disobbedienza civile di bar e ristoranti si organizza sui social
"#ioapro", la disobbedienza civile di bar e ristoranti si organizza sui social
Mercoledì 13 Gennaio 2021, 19:11
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«È una questione di sopravvivenza, siamo a un punto di non ritorno» è il grido disperato di molti ristoratori italiani promotori dell’iniziativa #ioapro che invita a restare aperti, a partire da venerdì 15 gennaio, contro le restrizioni anti Covid imposte dal Governo. Grazie al tam tam sui Social l’iniziativa ha già raccolto oltre 50 mila adesioni. «Non è mai stata presentata un’indagine epidemiologica che accerti i contagi nei locali, a differenza di quanto può accadere sui mezzi pubblici o nei supermercati – sostengono i promotori della protesta – Vogliamo poter lavorare, ma saremo i primi a puntare il dito contro chi non rispetta le norme di sicurezza». Gli organizzatori offrirebbero anche tutela legale in caso di multe, nei confronti di quella che definiscono una “disobbedienza gentile”. Non solo. Alla riapertura illegale sono invitati a partecipare anche bar, teatri, cinema e palestre.

Sono centinaia i post instagram delle pagine di bar e ristoranti, che utilizzano l'hashtag #ioapro, e altrattanto numerosi i video dei ristoratori in cui spiegano le ragioni della loro protesta. #ioapro1510 è l'hashtag specifico per quanti resteranno aperti venerdì prossimo, qualunque siano le restrizioni che entreranno in atto con il nuovo dpcm.

Tra i post più cliccati quello del consigliore campano della Lega Severino Nappi, che si unisce, insieme a Matteo Salvini, alle «Decine di migliaia di aziende piegate dalle continue chiusure e da regole traballanti».

Io apro, Salvini promuove l'iniziativa di disobbedienza organizzata dai ristoratori

Ma ci sono anche delle voci controcorrente, rispetto alla "disobbedienza gentile". Tra molte, quella della città di Rovigo, dove maggior parte dei locali non aderirà però alle aperture ‘contro legge’. I bar e ristoranti della città, non apriranno in segno di protesta. Gli esercenti però chiedono subito ristori al Governo per non rischiare di abbassare in modo definitivo la serranda. 

Le testimonianze dei ristoratori non aderenti

 «E’ una protesta sacrosanta – spiega Giacomo Sguotti del Corsopolitan - noi ristoratori, assieme alle palestre e alle altre categorie costrette alle serrate senza adeguato ristoro, siamo ormai alla canna del gas. Molti di noi presto saranno costretti a chiudere. I ristori del Governo sono insufficienti, abbiamo perso il mese di dicembre. Rischiamo di riaprire ad aprile. La morte della ristorazione e di tante piccole attività che costituiscono il tessuto economico del territorio».

Nonostante questo «non penso di aprire il mio locale venerdì – spiega Sguotti - rischiando multe e mettendo a rischio sanzioni anche i clienti. Noi non vogliamo violare la legge, chiudiamo se è necessario per la salute pubblica. Ma lasciarci senza ristori significa farci morire attraverso questa lenta agonia«. «Non aprirò il mio bar andando contro il Dpcm – spiega anche Paolo Lorenzi del Dersut - Dobbiamo chiedere ristori adeguati per permetterci di tenere chiuso fino al termine dell’emergenza sanitaria. Queste aperture fuori legge non porteranno benefici».

D’accordo con Lorenzi anche Enrico Rizzato della trattoria al Ponte di Lusia. «Aprire per rischiare di prenderci multe? Anche no – spiega Rizzato -non credo ci saranno nemmeno file di clienti pronti a farsi sanzionare».

«Rischiamo al chiusura anche per l’asporto di 5 giorni, più sanzioni per i clienti – spiega Massimo Maltarello del Pedavena -, forse aveva senso se ci fosse stata un’apertura condivisa da tutti i colleghi della città. In questo momento, meglio non rischiare e tenersi stretto l’asporto dalle 7 alle 18».

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