Mattia Marchesello, morto di tumore a 23 anni. Il calciatore del San Donà diceva: «Voglio che le persone mi ricordino con il sorriso»

Il giovane ha lottato 2 anni contro un cancro al cervello

Mattia Marchesello, morto di tumore a 23 anni. Il calciatore del San Donà diceva: «Voglio che le persone mi ricordino con il sorriso»
Mattia Marchesello, morto di tumore a 23 anni. Il calciatore del San Donà diceva: «Voglio che le persone mi ricordino con il sorriso»
di Fabrizio Cibin
Giovedì 28 Settembre 2023, 20:02 - Ultimo agg. 29 Settembre, 00:14
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SAN DONA' - «Voglio che le persone mi ricordino con il sorriso. E voglio che tutte le persone che pensano a me, lo facciano con il sorriso». E’ racchiusa tutta in queste parole, consegnate alla mamma Camilla pochi giorni prima di spirare, la grande forza di Mattia. La forza e l’esempio di un giovane che aveva solo 23 anni, gli ultimi due dei quali trascorsi a lottare contro quella che, per lui, era stata una condanna, ma che mai gli ha tolto il sorriso.

Addio Mattia

Anzi, era lui stesso a donarlo agli altri, al punto da decidere di chiedere alla mamma di scrivere, sotto dettatura, alcuni messaggi da donare agli amici dopo la sua morte. Tanti, più uno. Quello che ha fatto scrivere alla psicologa che lo ha seguito in questi mesi, la dottoressa Leila Gasparotto, destinato alla famiglia, del quale neppure la stessa mamma sapeva nulla e che ha potuto leggere solo ieri. Un diploma da ragioniere all’istituto “Alberti” della sua città, Mattia Marchesello è sempre stato un ragazzo attivo e solare: prima qualche lavoretto e poi un posto da impiegato in una azienda della zona che lui stesso si era trovato.

Giocava a calcio, e bene. Era una grande passione ereditata da papà Sebastiano, ex calciatore ed ora allenatore, in una famiglia di sportivi: il nonno aveva una attività di articoli sportivi e realizzava su misura scarpe da calcio e, soprattutto, pattini a rotelle per atlete ed atleti che si impegnavano in questa disciplina; tanti campioncini hanno calzato le sue produzioni. Mattia aveva iniziato a tirare i primi calci già all’età di 5 anni, all’oratorio don Bosco. Poi il passaggio all’Ac Noventa, dove ha fatto tutta la trafila delle giovanili. Al momento di fare il salto in prima squadra, lui attaccante talentuoso dagli oltre trenta gol a stagione, viene dato in prestito prima al Gainiga (sempre nel veneziano), poi al Meolo. Ma in quest’ultima società non ci è mai approdato.

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La malattia

E’ giugno di due anni fa quando inizia a stare male. Il giovane viene sottoposto a vari controlli finchè, è poco prima di Natale, la terribile notizia, un tumore al cervello. La grave malattia lo ha colpito in modo che sembra irreparabile. Non c’è più il lavoro, non c’è più il calcio, ci sono le terapie, la vicinanza della famiglia, le cure, gli amici che non lo lasciano mai. E la sua grande forza. Talmente grande da dare lui coraggio a chi gli stava vicino. Così grande da decidere, lui appassionato di viaggi e all’insaputa della mamma, di organizzare un viaggio a Barcellona, in un momento in cui la malattia non aveva ancora completamente preso il sopravvento. “Un giorno - ricorda Camilla - mi ha detto: sono contento di avere avuto il primo tumore (lui lo chiamava così, il “primo”), perché mi ha fatto capire il vero senso della vita. Mattia ha dato lezioni di vita a tutti”. Fino alla fine. Un giorno, dal suo letto da cui ormai, di fatto, non riusciva più a muoversi, ha chiamato la mamma e le ha detto: “prendi carta e penna, che devo scrivere delle cose, voglio lasciare dei pensieri”. E lo ha fatto, per ogni persona che gli voleva bene.

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L’ultimo messaggio, però, lo ha voluto fare scrivere alla dottoressa Gasparotto, perchè era per la sua famiglia. Che lo ha voluto rendere pubblico, perchè potesse diventare un insegnamento per tutti i giovani. “Non hai bisogno di niente, oltre alla tua famiglia. Questo è quello che penso. Non ho bisogno di ragazze, a me basta quello che ho, a me basta la mia famiglia. Arrabbiarsi? Con chi dovrei essere arrabbiato? Sono stato un po’ sfortunato, ma con chi devo avercela? Avrei potuto vivere meglio la mia vita, però non mi lamento. Spero di essere stato educato. Spero che le persone non ci rimangano troppo male… questo e basta… Il rispetto a me sembra di averlo messo sempre e non posso non rispettare la malattia e quello che ha imposto. Ad avere un po’ di anni in più sarebbe andata meglio, ma va bene così… Sono tranquillo, come sempre. Mi dispiace per chi mi è venuto dietro… Mi mancano già i tagliolini di Carmine”. Questo era Mattia. Che ha voluto ricordare come ha vissuto, prima ancora di com’è mancato. 

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