Premio Messaggero per i giovani Edoardo Albinati: «Davanti al foglio bianco i ragazzi si rivelano»

Premio Messaggero per i giovani Edoardo Albinati: «Davanti al foglio bianco i ragazzi si rivelano»
Mercoledì 9 Dicembre 2020, 22:11 - Ultimo agg. 11 Dicembre, 00:32
4 Minuti di Lettura

«Quando ho visto quelle centinaia di adolescenti al Pincio avrei voluto che la polizia li prendesse a randellate ma poi mi sono fermato a riflettere…».
Edoardo Albinati non è mai banale. La sua disamina su Roma e il disagio giovanile è brusca, lacerante, lontana dalle metafore perbeniste. Romano, classe 1956, vincitore del Premio Strega 2016 con La scuola cattolica - da cui è stato tratto un film diretto da Stefano Mordini che uscirà nel 2021 - di recente è tornato in libreria con Desideri deviati. Amore e ragione (Rizzoli). Scrittore, poeta e sceneggiatore, Albinati dal 1994 insegna presso il penitenziario di Rebibbia e promuove a pieni voti il concorso “Che cosa è importante per me”, indetto da Il Messaggero: «un’iniziativa importante che alimenta il processo di autoconsapevolezza, scrivendo i ragazzi ragionano su quale sia il loro posto nel mondo».

Premio Messaggero per i giovani La preside del Giulio Cesare Paola Senesi: «Leggendo capiremo meglio i ragazzi»

“Che cosa è importante per me”. «Il concorso come stimolo: aiuterà i ragazzi a ragionare»


Albinati, le sue reazioni alla maxi-rissa al Pincio?
«Furibondo, avrei voluto che la polizia li disperdesse perché siamo tutti esasperati da questi ultimi dieci mesi di pandemia. Ma riflettendoci, credo sia l’inevitabile conseguenza della chiusura di tutte le possibili valvole di sfogo e degli strumenti di controllo, prima fra tutte la scuola. E allora, le dirò, se tutto si riduce ad una rissa, francamente è ancora possibile gestirla, questa rabbia».
È il desiderio di mettersi in mostra?
«L’adolescenza è un periodo difficile da governare, ci siamo passati tutti, non ha senso indignarsi. Ripeto, se il problema fosse una rissa non mi scandalizzerei…».
Invece?
«I ragazzi hanno sempre fatto a botte, in fondo fa parte di un torneo adolescenziale. Ciò che trovo estremamente violento è la trasgressione di tutte le norme anti-Covid, assembrarsi e scontrarsi senza mascherina è offensivo».
Addirittura?
«Se quelle centinaia di ragazzi invece che menarsi si fossero baciati, lassù sul Pincio, sarei arrabbiato uguale».
La colpa è anche degli adulti?
«Se gli adulti da considerare sono i rappresentanti della classe politica, non mi pare che si tratti di un esempio specchiato. Sarebbe semplice prendersela con i ragazzi e non intendo certo difendere i protagonisti di quella maxi rissa ma credo che le loro azioni siano riconducibili agli esempi mostrati dai propri genitori. Nel bene e nel male».
Una questione di contesto?
«Certo. Sono esasperato e depresso come tutti, per fortuna non sono contagiato ma è un momento di mortificazione e non riesco a capire chi afferma che restando chiuso in casa avrebbe capito il senso della vita. Ma passerà».
Il concorso “Che cosa è importante per me” le piace?
«Molto. Avvia un processo di autocoscienza molto significativo. Il fatto che i ragazzi scrivano è una buona cosa perché la morte di Willy Monteiro Duarte ed Emanuele Morganti ha colpito tutti e dev’essere elaborata. La scrittura è lo strumento migliore per farlo».
Lei insegna a Rebibbia: la scrittura è una forma di riabilitazione?
«Soprattutto di consapevolezza su chi siamo e su quale sia il nostro posto nel mondo. Scrivendo ci si mette alla prova, sei da solo davanti al foglio, è più difficile nascondersi e barare».
E Roma, come sta?
«La città fa schifo, come al solito. Non è cambiato nulla ma ci sono sacche di resistenza civile che si oppongono all’inciviltà permanente».
Ci sono segnali positivi?
«Per niente. Il mondo è nella merda planetaria, quindi Roma non può che farsi trasportare. In una città da oltre tre milioni di abitanti, la comunità non è un unicum cui ci si può appellare, invece, credo che siamo chiamati a rispondere come individui, il singolo deve agire e proteggersi in modo responsabile».
L’accensione di Spelacchio ha creato inevitabili assembramenti. Un controsenso?
«Guardi, a Roma ci sono due grandi “borate”: Palazzo Chigi tinto con il tricolore e quell’albero lì, spelacchiato o meno.

Davvero una roba da coatti».

© RIPRODUZIONE RISERVATA