Diritti LGBTAQI+, la rivoluzione culturale per una città che vuole essere inclusiva

L'intervento della docente Anna D'Ascenzio chiuded il ciclo di seminari su “La città come comunità educante”

Diritti LGBTAQI+, la rivoluzione culturale per una città che vuole essere inclusiva
Diritti LGBTAQI+, la rivoluzione culturale per una città che vuole essere inclusiva
di Anna D'Ascenzio *
Domenica 28 Maggio 2023, 00:00
4 Minuti di Lettura

L'intervento della docente Anna D'Ascenzio illustra i punti salienti del dibattito su «Abitare la città: lo sguardo delle persone LGBTAQI+» che ha concluso il ciclo di seminari su “La città come comunità educante” organizzati dall'Ateneo napoletano. 

Dall'ultimo dossier «A long way to go for LGBTI equality» pubblicato dall'Agenzia dell'Unione Europea per i diritti fondamentali, si evince che nel 2021 ben il 43% delle persone omosessuali residenti in Italia è stato oggetto di atteggiamenti ostili in città, individuando un trend in crescita (nel 2012, per esempio, tale percentuale ammontava al 37%), nonostante il diffuso approccio politically correct. Secondo i dati di tale dossier al 2021 nessuna città italiana è immune da tale ostilità, sebbene sia evidente e da sottolineare che la percentuale di persone vittime di atteggiamenti ostili è inversamente proporzionale alla capacità delle amministrazioni locali di implementare politiche inclusive, a partire dall'affidamento di beni comuni alle singole realtà dell'associazionismo locale, come è avvenuto per Bologna, Roma, Milano, Napoli. La riflessione scientifica su questi temi ha origini lontane. La casa editrice Ellipses, nel 1968, ad appena due mesi dall'esplosione del Maggio francese, pubblica Le droit à la ville. Vers la sociologie de l'urbain. Il saggio di Henri Lefebvre sovverte la credenza che il destino delle città sia sempre effetto di saperi esperti e di esclusiva pertinenza tecnica, invocando l'esplorazione collettiva e l'appropriazione soggettiva degli spazi di città attraverso processi di socializzazione che agiscano a supporto di un'esperienza intersezionale in grado di valorizzare sia il sé sia il dialogo con l'altro. Che tale diritto alla città sia possibile è ben evidente nelle esperienze di ricostruzione del rapporto tra spazi urbani e soggettività LGBTAQI+.

Come spiega anche Judith Butler, teorizzando il valore del Noi, l'esplorazione collettiva e l'appropriazione dei luoghi della città alimentano i rapporti sociali che si sviluppano all'interno dello spazio urbano, impedendo che le città si trasformino in una trappola di potere.

Tuttavia, il teorico diritto all'esplorazione dello spazio e all'appropriazione esperienziale dei luoghi produce, in più casi, un conflitto, poiché in realtà la topografia urbana riproduce incessantemente relazioni di dominio (in primis, patriarcali e/o eterosessuali), essendo esito di una pianificazione governamentale dello spazio. Un esempio: non molti anni fa, nel 2012, l'Istat rilevava che il 55,9% degli italiani rivendica atteggiamenti più discreti da parte degli omosessuali negli spazi di città, avallando proprio una condizione strutturale in base alla quale non tutte le forme di partecipazione alla città - sebbene pacifiche, quotidiane ed equivalenti a quelle di soggettività eterosessuali - sono ritenute legittime. In generale oggi in Italia la pratica dell'abitare a favore delle persone LGBTAQI+, pur non avendo assunto una specifica forma di solidarietà organica, sta comunque sviluppando una sua agenda setting, determinando radicamento territoriale e compartecipazione rispetto ai tempi e agli spazi amministrativi dell'ente locale. Tale radicamento, certamente lento e non equivalente in tutte le realtà, riflette una precisa volontà di incistare l'abitare LGBTAQI+ nei necessari processi di risignificazione degli spazi di città, come è possibile verificare anche consultando Queering the Map (www.queeringthemap.com). Si auspica che tale processo diventi numericamente esteso e che nelle città italiane avvenga quanto accaduto per esempio a Berlino e a San Francisco. In tal senso, ricordiamo che la Repubblica di Weimer (1918-1933) aveva già assegnato al distretto berlinese di Schöneberg una funzione d'avanguardia nella produzione di contro-culture e di loisir. The Castro, il quartiere di San Francisco a più alta densità demografica LGBTAQI+, è attualmente lo spazio di città gay friendly più sicuro al mondo. Si può provare a intensificare e accelerare tali processi? Sì, si può. Anche e soprattutto puntando su cultura, formazione e informazione. Questo è l'obiettivo del percorso progettuale avviato dai Centri di Ricerca Care e Die dell'Università Suor Orsola Benincasa, che ha avuto il suo abbrivio con il ciclo di seminari, La città come comunità educante. Una reale e fattiva collaborazione tra università, istituzioni e territori può certamente favorire una riconfigurazione degli spazi di città sempre più vivibili da tutti e da tutte, a qualsiasi età.

* Docente di Metodologia della ricerca sociale all'Università Suor Orsola Benincasa 

© RIPRODUZIONE RISERVATA