«Fate presto», l'insopportabile abuso del titolo

«Fate presto», l'insopportabile abuso del titolo
di Federico Monga
Venerdì 12 Febbraio 2021, 10:00 - Ultimo agg. 10:33
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Giuseppe Russo

Gentile Direttore, con grande sorpresa ho ritrovato sul sito “Il Napolista” il titolo FATE PRESTO, pubblicato dal “Mattino” nei giorni del terremoto del 1980. Un titolo che, come tutto il mondo sa, diventò opera d’arte grazie ad Andy Warhol. Il titolo campeggia su un articolo firmato Massimiliano Gallo in cui viene chiesto a De Laurentiis appunto di “fare presto” per risolvere i problemi del Napoli dopo la sconfitta contro l’Atalanta e l’eliminazione dalla Coppa Italia, cacciando l’allenatore Gattuso e il direttore sportivo Giuntoli. Io sono un grande tifoso del Napoli, amareggiato quanto l’autore dell’articolo, ma trovo assurdo che per il momento certamente negativo della squadra si faccia ricorso a quel titolo drammatico che chiamò in causa non il presidente di un club calcistico ma il governo affinché venissero al più presto portati i soccorsi nella nostra terra. Dirò di più: considero quel titolo una vergogna. 

La risposta di Federico Monga 

Caro Giuseppe,

da quando ho l'onore di dirigere Il Mattino in più occasioni mi è stato chiesto di riproporre il titolo «FATE PRESTO».

Non ultimo, pochi giorni fa in occasione dell'attuale crisi di governo in piena pandemia. Mi sono sempre opposto per due motivi. Entrambi hanno a che fare con il rispetto. In primo luogo per rispetto dell'originalità di quella prima pagina, diventata un'opera d'arte, e dell'intuizione di chi l'ha ideata, il direttore Roberto Ciuni e della sua stretta squadra di collaboratori della quale faceva parte anche il nostro Pietro Gargano. Copiare (anche se ormai i siti internet si abbeverano del lavoro degli altri) per un giornalista che vive di novità mi sembra un ossimoro e un segno di debolezza professionale. Ma soprattutto, e lo dovrebbe capire anche un redattore di prima nomina nel giornaletto della parrocchia (con tutto l'affetto per le parrocchie), per rispetto dei 2914 morti, 8448 feriti, 280mila sfollati del terremoto dell'Irpinia. Quel titolo voleva sollecitare i soccorsi in drammatico ritardo per «salvare chi è ancora vivo e aiutare chi non ha più nulla». Accostarlo alle sorti dell'allenatore del Napoli è, sapete che mi piace parlar chiaro, da ignoranti. Un peccato capitale per chi fa il giornalista.

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