Giustizia, la riforma non merita partigianerie

Giustizia, la riforma non merita partigianerie
Giovedì 25 Marzo 2021, 23:00
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Egregio direttore, ho svolto le funzioni di pubblico ministero per circa 45 anni, per cui mi consenta di intervenire sul tema delle “pagelle ai magistrati”. Concordo, infatti, pienamente con il ministro Cartabia sulla necessità di più formazione e controlli di qualità sul lavoro dei giudici, ma mi permetta di dissentire dalla tesi espressa sul suo giornale dall’autorevole collega Nordio, che, nel commentare una proposta del vice presidente del Csm Ermini, ha scritto che “se tanti processi chiesti da un pm finiscono in assoluzioni qualcosa di quel pm non va”. Ed invero se la carriera di un pm fosse sempre condizionata dall’esito delle sue inchieste e se la sua qualità fosse valutata sulla base delle assoluzioni o delle condanne degli imputati, quale magistrato di Procura - salvo pochi coraggiosi - si avventurerebbe più a chiedere il rinvio a giudizio in delicate indagini, dagli incerti risultati per la loro complessità, su reati di corruzione, bancarotta, peculato e così via, piuttosto che adagiarsi esclusivamente in comode e tranquille richieste di processo per reati bagattellari e liti di cortile o in inchieste con arresti in flagranza, pacifiche prove documentali o confessione dell’imputato? L’ovvia conseguenza non può che essere quella di un pm relegato al ruolo di burocrate e di passacarte, tradendo quello che gli compete di garante dell’osservanza della legge e del rispetto della legalità.


Paolo Albano
Santa Maria Capua Vetere

Caro dottor Paolo, mi permetta di dissentire dal suo dissenso.

Mi trovo più vicino alla tesi del procuratore Nordio. Comprendo il suo timore: quale procuratore chiederebbe un rinvio a giudizio se la sua carriera fosse favorita solo dalle condanne e danneggiata solo dalle assoluzioni? Probabilmente Nessuno. Mettiamoci però nei panni di, per citare uns esempio tra i tanti, Antonio Bassolino: 19 rinvii a giudizio 19 assoluzioni. Qualcosa non funziona. Qualche correzione andrebbe presa. Non c’è mestiere che consenta queste performance. Si potrebbe pensare alla separazione delle carriere. Si potrebbe anche valutare l’abolizione di alcune tipologie di reato statisticamente massacrate già al primo grado di giudizio come l’abuso di ufficio. E invece l’ordinamento va nella direzione opposto con la recente introduzione del traffico di influenze, reato indimostrabile nel 90 per cento dei casi. Alcuni magistrati rigorosi, come l’ex procuratore Maddalena, sono arrivati anche a valutare un ripensamento sull’obbligatorietà dell’azione penale. Sono argomenti che andrebbero, una volta per tutte, affrontati lontano dalle partigianerie ideologiche da una parte e dall’altra. 

Federico Monga

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