Dormono tutti nella stessa stanza, «uno accanto all’altra. Così se moriremo, moriremo tutti insieme». E al mattino, quando indossa il giubbotto antiproiettile ed esce dal palazzo dove la sua famiglia si è rifugiata, insieme ad altri sfollati, per raccontare delle bombe, della fame, delle macerie che restano tra le strade di Gaza, Amal non sa mai se alla sera potrà riabbracciare i suoi bambini. Loro le telefonano ogni pomeriggio - «Mamma dove sei? Torna presto, ti prego» - e a volte le chiamate si interrompono all’improvviso per il blackout delle reti. Amal Helles è una giornalista palestinese, che sul Times racconta le sue giornate nella Striscia. La guerra e la fame, una bottiglia di acqua che deve dissetare quattro persone per tre giorni. «Ma è acqua mista, non filtrata, dobbiamo farcela andare bene lo stesso», scrive.
LA ROUTINE
Anche il marito di Amal è un giornalista.
LA FAMIGLIA
Amal ha due sorelle. Una vive a Rafah e l’altra nella regione centrale. Dall’inizio della guerra non è riuscita a sentirle al telefono. Riescono a comunicare solo tramite messaggi che partono e arrivano a singhiozzo. La vita familiare si è interrotta. Prima dell’esplosione del conflitto la domenica Amal e il marito andavano con i bambini al parco giochi, mangiavano al ristorante e poi andavano a trovare i nonni. Adesso i ristoranti hanno le porte sbarrate e i muri crepati, e i bambini non possono uscire. Giocano dentro casa, abbracciandosi ogni volta che lo scoppio di una bomba fa tremare i muri. Qualche mese fa lei e il marito hanno comprato una nuova casa. L’hanno dovuta lasciare e non sanno se sia stata distrutta. «Ho chiesto a mia figlia cosa vorranno fare lei e il fratellino dopo la fine della guerra. Ha detto: Vogliamo andare a Kids Land, mangiare un hamburger e bere acqua, ma acqua pulita».
NUOVE ABITUDINI
Ogni sera Amal torna a casa dopo essersi riempita gli occhi di orrore. «Non voglio che i miei figli vivano tutto questo», racconta. I bambini poco per volta si stanno adattando al terrore. Sanno che alla notte il buio diventerà totale, perché non c’è elettricità. Hanno imparato a conservare l’acqua - «ho nascosto una bottiglietta così posso lavarmi la faccia ogni mattina» -, conoscono termini come «cessate il fuoco», «tregua», «bombardamento». Tutte le notti i bimbi dormono abbracciati, tra mamma e papà, che non sono sicuri se al mattino saranno tutti ancora vivi.