L’AIA - Sono passati pochi minuti dall’inizio del Consiglio atlantico, il summit top-secret degli alleati Nato, quando Donald Trump irrompe in un sorriso beffardo. «Per altri quattro anni avete me e state tranquilli... Poi vedremo». Aia, Olanda, a un anno dal vertice di Washington l’Alleanza si ritrova nel cuore dell’Europa, nella città che è stata “cantiere” del progetto europeo, blindata da cima a fondo.
Il summit Nato
È il giorno del summit atlantico: trentadue leader rinchiusi in un salone, i cellulari rigorosamente lasciati fuori, affidati alle scatole “schermate” degli addetti alla sicurezza. Si accendono i riflettori e sono tutti su Trump, l’uomo venuto qui per riscattare «una grande vittoria», come recita un messaggino al miele del segretario generale della Nato Mark Rutte dato in pasto ai follower sui social dal presidente americano. Trump parla per primo.
Qualche sedia più in là, al grande tavolo rettangolare, c’è la premier italiana Giorgia Meloni. «È straordinario essere qui» esordisce il presidente repubblicano. Compiaciuto per un summit che dall’inizio profuma di vittoria: tutti gli alleati hanno serrato i ranghi e firmato senza troppe storie gli impegni di spesa dettati dalla Casa Bianca, con la promessa di arrivare al 5 per cento del Pil speso nella difesa.
Trump lancia il Golden Dome Shield
Vuole parlare di altro però, il leader americano. Degli «strike di precisione di straordinario successo» che i bombardieri statunitensi hanno effettuato sui siti nucleari iraniani. Un colpo letale, sostiene lui, al programma di arricchimento dell’uranio dei mullah. «Ci hanno lanciato undici missili sulla nostra base, li abbiamo abbattuti tutti, è stato un gesto simbolico» dice Trump irridendo alla rappresaglia di Teheran. E a proposito di missili, lancia ufficialmente qui, di fronte ai leader della Nato, il nuovo scudo missilistico spaziale a cui lavora il Pentagono e che ora finanzierà il Congresso. «Si chiama Golden Dome Shield - spiega Trump nel salone dell’Aia - ci costa 4 miliardi di dollari e ha un tasso di successo nell’abbattimento dei missili del 97 per cento». Altro che Reagan e lo scudo spaziale anti-Urss. Poi il commander-in-chief passa al convitato di pietra: l’Ucraina.
A tu per tu con Zelensky
«Dobbiamo fare qualcosa, la situazione sta sfuggendo di mano» ammette l’uomo che aveva promesso la pace «in ventiquattro ore». A margine del summit incontra Volodymyr Zelensky. Che solo la sera prima non ha voluto al tavolo della cena offerta dal re olandese Guglielmo Alessandro. Una foto ritrae Trump a tavola con Meloni martedì sera.
Sullo sfondo, due tavoli dietro, il volto corrucciato del presidente con la mimetica. Ieri il bilaterale «è andato molto bene» ha riconosciuto Zelensky a cose fatte. «È stato gentilissimo, sta combattendo una battaglia coraggiosa, parlerò con Vladimir Putin e vedremo» gli allunga un ramoscello d’ulivo Trump. Sembra già lontano lo showdown nello Studio Ovale, l’umiliazione del leader ucraino in mondovisione solo in parte cancellata dal faccia a faccia, un mese dopo, nella Basilica di San Pietro, ai funerali di papa Francesco. «Abbiamo parlato di tutte le questioni veramente importanti. Abbiamo discusso di come raggiungere cessate il fuoco e una vera pace» riprende Zelensky. Che all’Aia incassa il sostegno granitico del fronte dei “volenterosi” insieme all’Italia.
Meloni lo incontra con Macron, Starmer, Merz, il polacco Tusk e Rutte. «È necessario che la Russia dimostri di volersi impegnare seriamente nei colloqui, contrariamente a quanto fatto finora» mette a verbale una nota di Palazzo Chigi nel pomeriggio che ribadisce «il continuo sostegno all’Ucraina, alla sua difesa e alla sua industria della difesa, anche a fronte dei brutali attacchi russi contro i civili e il mantenimento della pressione sulla Russia attraverso nuove sanzioni». Qualcosa si muove. All’Aia Trump cammina a un metro da terra. È euforico per il blitz in Iran. Gonfia il petto: «Abbiamo dei sottomarini fantastici, la nostra industria della difesa è la più forte al mondo, di gran lunga».
Uno ad uno i leader alleati gli rendono omaggio. Tranne Meloni, «che non ne ha bisogno» spiega chi le è vicino, gli altri si lanciano in grandi elogi. Perfino Sanchez, lo spagnolo che ha dubbi sulle spese Nato, promette «che la Spagna sarà affidabile». Macron prova a smarcarsi sulla difesa europea e lancia il motto «buy european», prima le armi e i sistemi made in Ue. Ma quest’anno più che mai, con Trump al comando, la Nato segue un altro motto. America first.