Gaza, come liberare gli ostaggi? Il generale Bertolini: «Difficile un blitz, è un formicaio ostile. Meglio la via diplomatica»

Il generale ex capo di col moschin e folgore: l’operazione militare in queste condizioni farebbe perdere molte vite

Gaza, come liberare gli ostaggi? Il generale Bertolini: «Difficile un blitz, è un formicaio ostile. Meglio la via diplomatica»
Gaza, come liberare gli ostaggi? Il generale Bertolini: «Difficile un blitz, è un formicaio ostile. Meglio la via diplomatica»
di Marco Ventura
Domenica 8 Ottobre 2023, 22:47 - Ultimo agg. 10 Ottobre, 07:10
4 Minuti di Lettura

Liberare gli ostaggi a Gaza? «È molto difficile, senza accettare il rischio che siano uccisi, l’operazione chirurgica è impossibile in quel formicaio». Un’estensione della guerra, inoltre, metterebbe i 1.100 soldati italiani di Unifil tra Libano e Israele in una situazione “molto delicata”. Il generale Marco Bertolini, già al vertice del Comando operativo di vertice interforze e di Col Moschin e Brigata Folgore, veterano di Libano e Somalia, sa cosa significhi trovarsi in un territorio ostile. «Israele è la principale potenza militare dell’area, ma per decenni le sue forze armate hanno fatto antiterrorismo, controllo della sicurezza interna, contrasto a azioni condotte da miliziani senza uso di forze manovrate. Ora devono fronteggiare una minaccia cui non erano abituate: un’azione multimodale. Da Gaza non si sono limitati ad alzare una quantità di razzi più importante ed efficace che in passato, o a fare tentativi di esfiltrazione dalla Striscia. Stavolta hanno esfiltrato numerosi miliziani che avevano un obiettivo territoriale e il compito di prendere ostaggi. Hanno impiegato mezzi innovativi come i paramotori, e i droni, hanno neutralizzato carri armati importanti come i Merkava. E hanno catturato soldati come prigionieri di guerra, e civili come ostaggi».

È possibile un intervento per liberarli?

«Sono trattenuti in un’area formicaio di 360 chilometri quadrati e oltre 2 milioni di abitanti.

Probabilmente si vorrà giocare una battaglia più diplomatica che militare, uno scambio coi detenuti palestinesi nelle carceri israeliane, che fornirebbe a Hamas un riconoscimento che Israele non ha mai voluto concedere».

In che modo i servizi israeliani possono dare un aiuto?

«A Gaza ci sono molti occhi e molte orecchie israeliane. Gli israeliani non colpiscono mai alla cieca ma obiettivi che conoscono, che hanno inventariato. In questo caso, però, l’operazione non sarebbe limitata a un gruppo concentrato. Liberare gli ostaggi è una capacità richiesta alle forze speciali. Ma un conto è liberarli in un’area sotto controllo, in una cornice di forze di polizia, con un’azione puntiforme altamente professionale. Altro è in un formicaio ostile: occorrerebbero forze importanti, parecchi mezzi, informazioni estremamente precise e un’area di sicurezza. Si metterebbe a rischio l’incolumità degli ostaggi. Non basta l’azione dello specialista in guanti bianchi che mette una carica sulla porta, entra, uccide i cattivi, salva i buoni e li porta via».

 

Poi c’è il problema di eliminare chi ancora si nasconde in Israele…

«Questo è più semplice, dovrebbero ormai esaurire le capacità operative: munizioni, viveri. In più, Israele ha una rete informativa notevole. Però deve chiudere la situazione il più in fretta possibile: l’ondata di esaltazione in Paesi limitrofi come il Libano è un grave pericolo. L’esercito israeliano, Tsahal, oggi non appare più lo “spauracchio” che si credeva: i profughi palestinesi dell’area, giordani, siriani ed egiziani che assistono alla caduta degli dei, potrebbero rialzare la testa».

Le forze israeliane potrebbero entrare a Gaza?

«Abbiamo visto le battaglie a Bakhmut o Mariupol, gli abitanti sono ossi duri. Dipende da quanto si è disposti a accettare in termini di perdite subite o da infliggere. Un bagno di sangue metterebbe in imbarazzo Israele».

Che dire dei soldati italiani in Libano, tra Hezbollah e israeliani?

«Il loro compito non è separare fisicamente i contendenti, ma verificare che la tregua regga e usare un minimo di forza se necessario. Se si riaprirà il fronte Nord, nella fascia degli sciiti libanesi controllati da Hezbollah, le forze Onu e italiane si troveranno in difficoltà. Gli irlandesi in passato hanno perso decine di militari. Anche noi abbiamo avuto casi dolorosi. Se Hezbollah rompesse gli indugi e entrasse nel conflitto, ci troveremmo in una condizione precaria e molto delicata».

© RIPRODUZIONE RISERVATA