C'è da sbizzarrirsi a immaginare cosa dev'essere successo a Kiev pochi giorni prima dell'invasione, quando nessuno credeva che Putin avrebbe attaccato ma gli agenti dell'Fsb, ex Kgb, da Mosca davano già istruzioni in codice ai loro informatori fin dentro i servizi ucraini anche quelli, eredi del Kgb. La ricostruzione è stata fatta dal Washington Post in un lungo reportage basato su indiscrezioni d'intelligence occidentali e ucraine, e su sfilze di intercettazioni che hanno portato ad arresti (800 collaborazionisti) e interrogatori. «Buon viaggio!», augurava un ufficiale dei servizi a Mosca a un collega che partiva per Kiev con le forze d'occupazione. Ma le decine di agenti spediti a ridisegnare il regime-fantoccio legato all'ex presidente Yanukovich e all'oligarca Medvedchuk, si sono ritrovati impantanati alle porte della capitale come le colonne ferme dei carri armati.
Gli agenti russi
«Andate via da Kiev, ma lasciate le chiavi negli appartamenti e quando tornerete sarà tutto diverso», dicevano agli infiltrati a Kiev.
L'opera più complessa è consistita nello scoprire le talpe. Difficile perché, scrive il WP, nei servizi ucraini lavoravano in 27mila, l'insidia poteva essere ovunque, e c'è stato bisogno di assoldare agenti della Cia sotto copertura per andare a stanarli. Inoltre, si fronteggiavano reti filo-russe e filo-Zelensky ramificate nell'alta amministrazione e nel mondo politico e industriale. E alla fine, invece di venire smantellata la rete dell'attuale governo, è stata sbaragliata quella di Medvedchuk, l'anti-Zelensky rimasto in Ucraina (a differenza di Yanukovich rintanato a Minsk in attesa). In tanti sono dovuti scappare, altri sono stati arrestati. Come Medvedchuk, boccone destinato a uno scambio di prigionieri eccellenti. Il paradosso, osserva il Washington Post, è che a conservare le poltrone sono stati i vertici dei servizi russi, mentre a Kiev Zelensky ha dimesso l'amico d'infanzia capo degli 007 dell'SBU, Ivan Bakanov.