Ucraina, torture e distruzioni: lo scempio delle chiese. Almeno 59 luoghi di culto bombardati

Sono diventate teatro di sevizie e omicidi. Gli occupanti le usano come centri militari

Torture e distruzioni, lo scempio delle chiese. Almeno 59 luoghi di culto bombardati
Torture e distruzioni, lo scempio delle chiese. Almeno 59 luoghi di culto bombardati
di Mauro Evangelisti
Martedì 12 Aprile 2022, 00:12 - Ultimo agg. 06:39
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Putin ha tenuto un solenne discorso allo stadio, di fronte a una folla oceanica, citando la Bibbia. Ha suggellato un patto di ferro con Kirill, il patriarca di Mosca, capo della Chiesa Ortodossa russa che si è schierato apertamente a favore dell’invasione dell’Ucraina (si dice che i due siano legati da una comune militanza in passato nel Kgb). E secondo i suoi groupies italiani, Putin è uno strenuo difensore dei valori cristiani in Europa. Eppure, l’esercito di Mosca ha uno strano modo di sostenere questi valori cristiani visto che da quando è entrato in Ucraina ha distrutto o danneggiato una media di due chiese al giorno, addirittura ha ucciso e torturato persone anche all’interno dei luoghi sacri come ha denunciato l’arcivescovo maggiore di Kiev, monsignor Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina.

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PROFANARE

Ha raccontato con una drammatica testimonianza: «In questi giorni in Ucraina sono stati scoperti terribili crimini commessi dagli occupanti.

E vorrei ricordare una circostanza che ha sconvolto tutti i credenti. Nella regione di Chernihiv, e precisamente nel villaggio Lukashivka, nella chiesa ortodossa dell’Ascensione del Signore, monumento di architettura, gli occupanti hanno dislocato la loro sede, profanando la chiesa ortodossa. Vi hanno interrogato e torturato le persone. Vicino a questo edificio sacro troviamo decine di corpi di ucraini innocenti assassinati. Quelli che si proclamano cristiani ortodossi hanno profanato il tempio; e il tempio dove deve essere onorato il nome di Dio, è stato trasformato in un luogo di tortura, umiliazione e omicidio». Altro che Bibbia e difesa dei valori cristiani. Il periodico cattolico Tempi, la settimana scorsa, ha osservato: «Almeno 59 luoghi di culto sono già stati danneggiati o distrutti dai bombardamenti russi.

È così che il Cremlino difende la tradizione e la fede ortodossa?». Dal 24 febbraio sono stati colpite quotidianamente chiese a Kiev e in altre sette aree del Paese. A Mariupol è stata sventrata la Cattedrale di San Michele, a Volmovakha distrutta la chiesa Tempio degli ortodossi ucraini, solo per fare due esempi. Il Ministero della Cultura di Kiev, un mese dopo l’inizio dell’invasione russa, aveva osservato: «La maggior parte dei luoghi religiosi colpiti sono chiese ortodosse. Ma danni sono stati inflitti anche a moschee, sinagoghe, chiese protestanti, istituti di istruzione religiosa e importanti edifici amministrativi di organizzazioni religiose». Il patriarca Kirill, che appoggia senza alcuna ritrosia le brutalità dell’esercito di Putin (addirittura sostenendo che è una guerra contro i diritti dei gay riconosciuti nel mondo occidentale, con un singolare e poco comprensibile salto logico), ha visto già nel 2018 la scissione di una parte della Chiesa ortodossa ucraina. Eppure, proprio un gruppo di sacerdoti della Chiesa ortodossa rimasta fedele al patriarcato russo sta raccogliendo le firme per un appello al Consiglio dei primati delle antiche Chiese orientali per «una causa contro il patriarca Kirill» per la sua benedizione dell’aggressione dell’Ucraina.

 

CONTRARI

Scrive l’Ukrainska Pravda, che cita l’arciprete Andriy Pinchuk: «Il patriarca di Mosca Kirill sostiene apertamente la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina e noi sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina, abbiamo deciso di fare appello al Consiglio dei primati delle antiche Chiese orientali contro il patriarca». E all’interno del Consiglio mondiale delle Chiese (Wcc) (di cui fanno parte 349 membri protestanti, anglicani e ortodossi), è stato chiesto di «espellere» il Patriarcato di Mosca per la sua posizione a favore dell’aggressione dell’Ucraina. «Non posso prevedere la decisione del prossimo Comitato centrale a giugno, ma credo che sarà una delle questioni più calde sul tavolo», dice il segretario generale ad interim, il reverendo Ioan Sauca.

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