Sedicenne vittima della gogna social: «Tiktoker indagato»

Dal gioco multimediale all’isolamento: «Orchestrata una tempesta di insulti»

Melito, sedicenne vittima della gogna social: «Tiktoker indagato»
Melito, sedicenne vittima della gogna social: «Tiktoker indagato»
di Giuseppe Crimaldi
Venerdì 16 Febbraio 2024, 23:43 - Ultimo agg. 17 Febbraio, 16:50
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Dalla realtà alla fantasia il passo può sembrare spesso breve, ma si corre il rischio di finire nei guai quando le due cose vengono confuse. Lo ha capito un giovane 25enne di Melito, Michele N., denunciato dai carabinieri per atti persecutori.
Una vicenda che verrebbe da definire surreale, proprio per com’è nata e si è sviluppata: parliamo infatti di videogiochi e social network. Tutto inizia con una discussione, un banalissimo diverbio tra ragazzi che utilizzano una piattaforma comune di videogame basati sulla realtà virtuale. La vittima, un 16enne incensurato, finisce nel mirino del 25enne, e la cosa in breve degenera, fino ad assumere i controni che vedremo. Ma ricostruiamo i fatti dall’inizio.

Succede ai giorni nostri, succede ai tempi di dei videogame e dei social media, che sono sempre più interconnessi. 
La frontiera del gioco online, quella del “multiplayer” è ormai sdoganata. Milioni videogiocatori si fronteggiano ogni giorno in un ambiente virtuale utilizzando “avatar” (la rappresentazione grafica e virtuale di un visitatore di un sito) nei meandri del web. Ci si riunisce in comunità, e si possono fare tante cose, a cominciare dai giochi interattivi.

Quando il minore, accompagnato dai genitori, si presenterà in caserma per sporgere una denuncia contro il presunto “aguzzino” informatico la situazione ha già raggiunto un punto di non ritorno. «Quel ragazzo mi perseguita, e con lui anche tutti gli altri della community», spiegherà il minore. Ma che cosa è accaduto? Lungo la serie di quel videogioco virtuale si è dipanata la storia di una vera e propria gogna, di una persecuzione che attraversa il confine tra il mondo virtuale e quello reale.

Comincia tutto con una discussione. Il 16enne litiga nel videogioco con un altro utente e viene bersagliato da insulti e minacce. Da quel momento - ricostruiscono le indagini dei carabinieri del comando provinciale di Napoli - partono messaggi denigratori e insulti, che in breve diventano parte integrante dell’interazione virtuale.

Prima gli sfottò: «Tu non sai giocare, levati di mezzo», «Torna all’asilo e impara l’alfabeto»; poi - in un crescendo inquietante - le pressioni si trasformano in veri e propri insulti w parte nche qualche minaccia. Il tutto sotto gli occhi (anche quelli virtuali) di decine di altri divertiti giocatori in erba che prendono spunto per mortificare, a loro volta, la vittima.

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Messo alla berlina prima da un solo player e poi da altri, il minore decide di abbandonare definitivamente il gioco e di parlarne ai genitori. Poi arriva la denuncia ai militari dell’Arma: viene così individuato il presunto responsabile degli atti persecutori: si tratta del 25enne, e si scopre che è un noto influencer che riesce a raccogliere ben 360mila followers su TikTok, e altri 200mila su Instagram.

Il 16enne trova il coraggio e così, accompagnato dal padre, mette tutto nero su bianco dinanzi ai carabinieri della stazione di San Sebastiano al Vesuvio. E viene alla luce il particolare più grave: il ragazzino riferisce che le ostilità dei videogiocatori, verosimilmente guidati e fomentati dal tiktoker 25enne, sono continuate anche nel mondo reale. Messaggi minatori, insulti telefonici e un vero bombardamento sui social media avevano innescato nel 16enne il timore di ritorsioni ben più dolorose.

Non si scherza col fuoco. E il mondo reale non è un videogame. La cronaca recente ha dimostrato come dietro la cappa di odio e minacce che si può creare ai danni di ragazzi fragili si nascondano drammi e tragedie. Il caso del 13enne di Gragnano che si tolse la vita per queste ragioni è ancora nella memoria di tutti. Anche per questo i carabinieri hanno unito le tessere del mosaico e identificato il 25enne, noto sui social per un affollato profilo dove condivide quotidianamente contenuti video. E lo hanno denunciato per atti persecutori.
La vicenda raccontata solleva interrogativi concreti sulla cultura digitale e invoca la necessità di affrontare la piaga del bullismo in ogni sua forma. L’intervento dei Carabinieri aggiunge un elemento di speranza, indicando che la giustizia può penetrare anche nel mondo digitale: «Qualsiasi campanello d’allarme percepito - sottolineano i carabinieri - specie quando di mira ci sono minori, va raccolto e denunciato.

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