Circa 35 anni fa quelle case di Pollena Trocchia furono confiscate dallo Stato, perché i nomi dei proprietari erano ben noti alle cronache di camorra. Tuttavia, oggi che quegli immobili sono diventati di proprietà comunale, lo sgombero pende - imminente - sul capo degli onesti inquilini che ancora vi abitano. Uno sfratto che a breve sarà esecutivo, lasciando senza tetto nove nuclei familiari (a cui si aggiunge una palestra) dove ci sono anziani, minori e disabili. Da qui la disperata richiesta d’aiuto dei condomini, di cui sette sono difesi dalla civilista Cristina Piccolo, che spiega: «È una vicenda molto complicata, adesso attendiamo la sentenza del Tar, al quale ci siamo rivolti dopo il silenzio del Comune che, a differenza dell’Agenzia dei beni confiscati, non si è venuto a costituire. Tra queste persone ci sono pensionati, bambini, studenti che si stanno preparando per gli esami e che da un giorno all’altro si ritroveranno a vivere per strada. Ormai è diventata una questione di giustizia sociale, per la quale chiediamo si intervenga a tutela del diritto alla casa e della dignità umana».
La storia
Una storia che ebbe inizio tra il 1989 e il 1990, quando il condominio Terracciano - compreso tra via Enrico Caruso (civici 7 e 9) e via Apicella 48 - fu confiscato a due fratelli appartenenti all’omonima famiglia camorristica. Divenuta definitiva la sentenza, solo uno dei due però risultò colpevole. Quegli appartamenti sono tuttora abitati da diversi nuclei familiari, a cui si aggiunge un’altra unità immobiliare occupata da una palestra. Tutti con contratti regolarmente registrati tra il 2008 e il 2012.
Ma nel 2015 un sopralluogo dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati nominò gli inquilini (fino ad allora ignari della confisca) custodi degli immobili a titolo gratuito, col divieto di pagare il fitto ai vecchi proprietari: «altrimenti sarebbero risultati conniventi», chiarisce l’avvocato. A un certo punto i due fratelli Terracciano effettuarono una divisione dei beni: quelli in cui abitano le attuali famiglie a rischio sfratto restarono al fratello ritenuto reo. Da qui comincia l’odissea dei residenti. «Nel 2024 ho iniziato a difenderli - spiega la legale - quando venne loro notificato un decreto ingiuntivo, così da custodi a titolo gratuito diventarono occupanti sine titolo. Abbiamo avviato una trattativa col Comune, che nel gennaio 2022 ha acquisito i beni al proprio patrimonio indisponibile, ma è sempre stato in silenzio. Per questo abbiamo deciso di fare ricorso al Tar. I miei assistiti hanno chiesto un intervento amministrativo volto a tutelare il loro diritto all’abitazione e al lavoro. Solo a seguito del nostro ricorso, pur scegliendo di restare contumace, l’amministrazione ha deciso di inoltrare all’Agenzia dei beni confiscati due istanze di modifica della destinazione d’uso da sociale a commerciale, invocando l’esigenza di salvaguardare proprio quei diritti costituzionali precedentemente ignorati».
Ma c’è di più. Nel novembre 2022 tutti i condomini sono stati raggiunti da una notifica ad opera della tenenza dei carabinieri di Cercola, che si compone di una relata e di un atto allegato. Nella prima si scrive che in allegato c’è l’ordinanza di sgombero indicando numero e data. «In realtà non lo è - sottolinea Piccolo - perché l’ordinanza effettiva ha un altro numero e un’altra data, che non è mai stata notificata a nessuno dei miei assistiti. La successiva notifica dei carabinieri del 2023 poi non è mai avvenuta ed è stato fatto lo stesso errore».
«Questa del condominio Terracciano è una vicenda che dimostra ancora una volta come nella legislazione italiana, benché esistano leggi meritevoli di plauso come il cosiddetto codice antimafia, si creino però degli automatismi o meglio delle vacatio legislative che rischiano di stritolare i diritti costituzionali di soggetti incolpevoli, che si trovano coinvolti loro malgrado in un caso che li vede in prima persona vittime della mafia. Un altro paradosso - aggiunge - è che ad oggi non c’è nessuna documentazione che legittimi lo sgombero, a partire dal commissariato di polizia di San Giorgio a Cremano a cui è stato conferito l’incarico di procedere».