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Pollena Trocchia, case confiscate al boss. L’odissea di nove famiglie: «Rischiamo lo sgombero»

Gli immobili oggi sono di proprietà comunale, gli inquilini vengono ritenuti occupanti abusivi

Le case confiscate ai boss
Le case confiscate ai boss
di Giuliana Covella
Articolo riservato agli abbonati premium
lunedì 2 giugno 2025, 00:09
4 Minuti di Lettura

Circa 35 anni fa quelle case di Pollena Trocchia furono confiscate dallo Stato, perché i nomi dei proprietari erano ben noti alle cronache di camorra. Tuttavia, oggi che quegli immobili sono diventati di proprietà comunale, lo sgombero pende - imminente - sul capo degli onesti inquilini che ancora vi abitano. Uno sfratto che a breve sarà esecutivo, lasciando senza tetto nove nuclei familiari (a cui si aggiunge una palestra) dove ci sono anziani, minori e disabili. Da qui la disperata richiesta d’aiuto dei condomini, di cui sette sono difesi dalla civilista Cristina Piccolo, che spiega: «È una vicenda molto complicata, adesso attendiamo la sentenza del Tar, al quale ci siamo rivolti dopo il silenzio del Comune che, a differenza dell’Agenzia dei beni confiscati, non si è venuto a costituire. Tra queste persone ci sono pensionati, bambini, studenti che si stanno preparando per gli esami e che da un giorno all’altro si ritroveranno a vivere per strada. Ormai è diventata una questione di giustizia sociale, per la quale chiediamo si intervenga a tutela del diritto alla casa e della dignità umana».

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La storia

Una storia che ebbe inizio tra il 1989 e il 1990, quando il condominio Terracciano - compreso tra via Enrico Caruso (civici 7 e 9) e via Apicella 48 - fu confiscato a due fratelli appartenenti all’omonima famiglia camorristica. Divenuta definitiva la sentenza, solo uno dei due però risultò colpevole. Quegli appartamenti sono tuttora abitati da diversi nuclei familiari, a cui si aggiunge un’altra unità immobiliare occupata da una palestra. Tutti con contratti regolarmente registrati tra il 2008 e il 2012.

Ma nel 2015 un sopralluogo dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati nominò gli inquilini (fino ad allora ignari della confisca) custodi degli immobili a titolo gratuito, col divieto di pagare il fitto ai vecchi proprietari: «altrimenti sarebbero risultati conniventi», chiarisce l’avvocato. A un certo punto i due fratelli Terracciano effettuarono una divisione dei beni: quelli in cui abitano le attuali famiglie a rischio sfratto restarono al fratello ritenuto reo. Da qui comincia l’odissea dei residenti. «Nel 2024 ho iniziato a difenderli - spiega la legale - quando venne loro notificato un decreto ingiuntivo, così da custodi a titolo gratuito diventarono occupanti sine titolo. Abbiamo avviato una trattativa col Comune, che nel gennaio 2022 ha acquisito i beni al proprio patrimonio indisponibile, ma è sempre stato in silenzio. Per questo abbiamo deciso di fare ricorso al Tar. I miei assistiti hanno chiesto un intervento amministrativo volto a tutelare il loro diritto all’abitazione e al lavoro. Solo a seguito del nostro ricorso, pur scegliendo di restare contumace, l’amministrazione ha deciso di inoltrare all’Agenzia dei beni confiscati due istanze di modifica della destinazione d’uso da sociale a commerciale, invocando l’esigenza di salvaguardare proprio quei diritti costituzionali precedentemente ignorati».

Ma c’è di più. Nel novembre 2022 tutti i condomini sono stati raggiunti da una notifica ad opera della tenenza dei carabinieri di Cercola, che si compone di una relata e di un atto allegato. Nella prima si scrive che in allegato c’è l’ordinanza di sgombero indicando numero e data. «In realtà non lo è - sottolinea Piccolo - perché l’ordinanza effettiva ha un altro numero e un’altra data, che non è mai stata notificata a nessuno dei miei assistiti. La successiva notifica dei carabinieri del 2023 poi non è mai avvenuta ed è stato fatto lo stesso errore».

Video

«Questa del condominio Terracciano è una vicenda che dimostra ancora una volta come nella legislazione italiana, benché esistano leggi meritevoli di plauso come il cosiddetto codice antimafia, si creino però degli automatismi o meglio delle vacatio legislative che rischiano di stritolare i diritti costituzionali di soggetti incolpevoli, che si trovano coinvolti loro malgrado in un caso che li vede in prima persona vittime della mafia. Un altro paradosso - aggiunge - è che ad oggi non c’è nessuna documentazione che legittimi lo sgombero, a partire dal commissariato di polizia di San Giorgio a Cremano a cui è stato conferito l’incarico di procedere».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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