«Palazzo Fienga sarà demolito per due terzi, perché una parte dell'edificio è sottoposta a doppio vincolo. Nei prossimi giorni ci sarà un nuovo incontro per definire la questione». Ad annunciarlo, nel corso della conferenza stampa di fine anno, è il neo prefetto di Napoli Michele di Bari, che ha presieduto una riunione presso il Palazzo di Governo per affrontare la tematica connessa all'ipotesi di riqualificazione di Palazzo Fienga, immobile confiscato alla criminalità organizzata di Torre Annunziata.
Al vertice in prefettura hanno preso parte anche il direttore dell'Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, il direttore dell'Agenzia del Demanio di Napoli, i componenti della commissione straordinaria del Comune di Torre Annunziata, il sovrintendente ai Beni Archeologici, Belle Arti e Paesaggio dell'area metropolitana di Napoli, il commissario straordinario per Palazzo Fienga e i vertici delle Forze dell'ordine.
I commissari prefettizi di Torre Annunziata una settimana fa avevano annunciato che l'ex roccaforte confiscata al clan Gionta non sarebbe stata trasformata in residenza per le forze dell'ordine, come inizialmente prospettato dal ministero dell'Interno che ne sta curando direttamente tutti gli aspetti organizzativi e progettuali, stanziando già circa 20 milioni di euro e nominando anche un commissario straordinario. Per quel progetto sarebbe servito almeno il doppio delle risorse, uno spreco, se si pensa all'idea di rigenerazione del tessuto urbano che è stata pensata per Torre Annunziata, che punterà molto sul recupero alla città degli immensi locali dell'ex Spolettificio, cercando di guadagnare spazi proprio nel Quadrilatero delle Carceri, il rione in cui il clan Gionta prolifera da oltre quarant'anni.
Proprio nel cuore di quel quartiere sorge Palazzo Fienga, un palazzone storico costruito in parte nel 700 e ampliato a inizio del 900 per ospitare un opificio, prima di essere danneggiato nello scoppio dei carri del 1946 che devastò parte del rione. In gran parte abbandonato e disabitato, da allora, poco alla volta, il degrado è diventato padrone dell'intero quartiere, inglobato dal clan Gionta dopo il terremoto del 1980, grazie ad uno spreco infinito di fondi per la ricostruzione che ha messo la parola «fine» sul vecchio rione dei pescatori, divenuto poco alla volta solo il quartier generale della camorra teatro di omicidi eclatanti come la strage di Sant'Alessandro del 1984.
Dal 2015, però, il palazzo simbolo del potere camorristico e «fabbrica di morte» dove venivano deliberati omicidi e convocate le vittime di estorsioni e usura è stato sgomberato. Tra due settimane, ricorrerà il nono anniversario di quello sgombero e, forse, si conoscerà finalmente il futuro dell'edificio. «Abbiamo necessità di chiudere la vicenda Palazzo Fienga ha precisato il prefetto Michele di Bari anche se un accordo di massima già c'è». Una necessità che hanno prefettura e ministero dell'Interno, che coincide con quella dei cittadini di Torre Annunziata, ancora alle prese con lo spettro di quel simbolo di camorra nel cuore dell'area sud della città.