Poliziotto ucciso a Napoli, rom accusa il complice: «Fabricio ha deciso di colpire la volante»

Poliziotto ucciso a Napoli, rom accusa il complice: «Fabricio ha deciso di colpire la volante»
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 1 Maggio 2020, 10:30 - Ultimo agg. 16:37
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«Fabricio, nel tentativo di guadagnarsi la fuga, ha deciso di impattare frontalmente la volante della polizia». Parola di Admir Hadzovic, il complice dell'uomo al volante che ha speronato e ucciso Pasquale Apicella. È un punto centrale dell'inchiesta che punta a dimostrare l'accusa di omicidio volontario a carico di tre dei quattro rom finiti agli arresti: se Fabricio Hadzovic «ha deciso» di impattare frontalmente la pantera della polizia guidata dall'agente scelto Apicella, gli altri due complici in auto non sono rimasti fermi. Anzi: a leggere le informative di pg, l'azione di disturbo, di aggressione agli agenti è andata avanti per diversi minuti. In che modo? In un primo momento, l'Audi guidata da Fabricio ha tamponato una prima vettura della polizia che si era affiancata; poi - per indurre gli agenti a desistere dall'inseguimento - dall'Audi sono stati lanciati una ruota di scorta, un cacciavite e altri oggetti metallici, per impedire la rincorsa della polizia. Una volta lungo via Calata Capodichino, infine, la scena clou, quella descritta da uno dei tre indagati. Spiega Admir Hadzovic: «Fabricio ha deciso di impattare frontalmente la volante della polizia. E lo ha fatto per guadagnarsi la fuga».
 


Inchiesta condotta dai pm Curatoli e Battiloro, sotto il coordinamento degli aggiunti Fragliasso e Volpe, il giudice Marco Giordano non crede alla versione resa dai tre indagati presenti nell'auto killer. Come è noto, i tre malviventi hanno ammesso di aver scassinato due banche, hanno anche confermato di aver provato a tamponare la prima auto della polizia, ma hanno negato qualsiasi responsabilità per quanto riguarda la morte dell'agente. Una versione che risulta poco credibile - secondo quanto sostiene il giudice - anche alla luce delle amnesie (o delle bugie) dei tre, a proposito del lancio degli oggetti. Scrive il gip: «Negavano di aver lanciato alcunché contro gli inseguitori», cosa che invece viene smentita dalla versione degli agenti, ma anche dal ritrovamento degli oggetti refertati lungo la strada. Ed è ancora il giudice a chiarire, a proposito della posizione di Fabricio, Admir e Igor Hadzovic l'accusa di omicidio volontario: «Se è vero che Fabricio guidava, è anche vero che è difficile immaginare che sia stato lui a scagliare tutti quegli oggetti dal finestrino», rimarcando così la presunta responsabilità nella condotta dei tre nell'organizzare una resistenza agli arresti. Di qui l'accusa cruciale, quella di aver accettato la sfida, ma anche le conseguenze mortali del duello ingaggiato con la polizia. Rappresentata dal penalista Gennaro Razzino, ora la famiglia dell'agente scelto Apicella chiede giustizia, pronta a costituirsi parte civile nel processo alla banda dei malviventi. Ieri la vedova dell'agente eroe ha ricevuto la visita del prefetto Marco Valentini, mentre Camera e Senato hanno osservato un minuto di raccoglimento (interrotto da un lungo applauso) per ricordare la figura di un uomo che, «con coraggio ha onorato la divisa della polizia», come ha ricordato il presidente del Senato Elisabetta Casellati. Testimonianze di solidarietà accolte con orgoglio dai colleghi di Lino, a cominciare da Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di polizia Coisp, mentre ora si attendono le nuove tappe dell'inchiesta. Domani l'autopsia, mentre gli avvocati Cesare Amodio, Giovanni Abbate, Giulia Manna, Raffaella Pennaccio, potrebbero fare istanza di scarcerazione al Riesame. 

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