Avvocati, elezioni a rischio slittamento: nessun accordo sul «doppio mandato»

Avvocati, elezioni a rischio slittamento: nessun accordo sul «doppio mandato»
di Viviana Lanza
Domenica 13 Gennaio 2019, 08:00 - Ultimo agg. 15 Gennaio, 10:54
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Se fino a qualche giorno fa nemmeno se ne parlava tanto appariva lontana, in queste ore l'ipotesi di un rinvio delle elezioni per il rinnovo del Consiglio dell'ordine degli avvocati anche a Napoli comincia a essere un'alternativa da valutare. E accende il confronto tra posizioni differenti, così come in questi giorni sta accadendo per il dibattito sulla interpretazione della norma e sulla candidabilità degli avvocati che hanno svolto due mandati consecutivi. C'è chi preme per andare al voto a fine mese e chi invece caldeggia per il rinvio ritenendo necessario prendere tempo per dirimere i dubbi di questi giorni. La norma consente di rinviare il voto fino al termine di luglio prossimo. In diverse città gli ordini forensi hanno già deliberato lo slittamento di qualche mese, da Milano a Catania, Lecce e in Campania a Benevento, e a Nola dove si andrà alle urne a marzo (nei giorni 7, 8 e 9).
 
Martedì potrebbe dunque essere una giornata determinante: il Consiglio forense napoletano si riunirà per eleggere la commissione elettorale e pronunciarsi sull'ipotesi di far slittare le elezioni per ora a partire dal 28 gennaio e per i sei giorni successivi. Sul rinvio la decisione spetta al presidente del Consiglio forense, Maurizio Bianco, il quale per risolvere le incertezze ha depositato il parere del giurista Giovanni Verde, favorevole a un'interpretazione della norma che considera eleggibili gli avvocati napoletani che hanno svolto già mandati in seno al Consiglio.

«Il decreto legge emanato l'11 gennaio, fornendo l'interpretazione autentica della disciplina dell'elettorato passivo in tema di elezioni circondariali forensi, supera qualsivoglia parere, ancorché autorevole, circolato in questi giorni». Per l'avvocato Sergio Longhi, segretario della fondazione forense e più volte presidente e componente di commissioni elettorali ordinistiche, non ci sono dubbi sull'interpretazione della norma e «sarebbe assolutamente opportuno, anche al fine di scongiurare il rischio di infiniti strascichi giudiziari e, soprattutto, lo spettro del commissariamento, che gli aspiranti candidati che si trovano in condizioni di incandidabilità e ineleggibilità ai sensi della normativa vigente recedano dal proposito di ripresentarsi nel superiore interesse della categoria che non possono non avere a cuore». Per Longhi è in ballo la credibilità della categoria: «È tempo che la classe forense, con un sussulto di dignità, riacquisti unità e compattezza e si lasci finalmente alle spalle la stagione degli egoismi e dei particolarismi per ritrovare, almeno in parte, il proprio antico prestigio».

Un invito che arriva anche dall'avvocato Domenico Ciruzzi, dal 1999 al 2002 in seno al Consiglio dell'ordine forense (Dichiarai che non mi sarei ripresentato e ho mantenuto la parola) e già presidente del direttivo della Camera penale e vicepresidente dell'Unione camere penali italiane. «Tutti noi avvocati - dice Ciruzzi - dovremmo insorgere contro ogni scempio di legalità e giustizia. Circolano in questi giorni elucubrazioni pseudogiuridiche così tragicomiche da spiegare almeno in parte le ragioni del progressivo declino delle classi professionali meridionali». «È necessaria una assunzione di responsabilità se si vuole essere classe dirigente. Occorre fare una battaglia di civiltà e cominciare a dare l'esempio, dando spazio e fiducia ai giovani. Non significa - spiega Ciruzzi - rottamare nessuno, anzi: chi ha l'esperienza dovrebbe avere anche la generosità di affiancare le nuove generazioni senza impedire loro di accedere a ruoli di responsabilità».
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