Avvocati di Napoli, Vitiello lascia «Rispetto per la toga»

Avvocati di Napoli, Vitiello lascia «Rispetto per la toga»
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 14 Gennaio 2019, 10:07
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Cercasi presidente del seggio elettorale. Nessuno vuole ricoprire un ruolo che, fino a qualche anno fa, sarebbe stato tra i più in vista e prestigiosi, non fosse altro per i nomi che si sono succeduti a capo del seggio elettorale.
Avvocati al voto, questa mattina - ore 12 - scade il termine ultimo per presentare la candidatura, sia brevi manu, sia attraverso il proprio indirizzo di posta elettronica, per allungare la lista degli oltre cento candidati al consiglio dell'ordine forense. Una gara dai risultati incerti, a partire dalla possibilità di uno slittamento del voto in una data da definire entro la fine del prossimo luglio. C'è confusione, battaglia di pareri legali, polemiche incrociate che si alimentano sul circuito social, all'indomani della legge sulla incandidabilità di chi ha già svolto un doppio mandato.

 

LA VICENDA
Un caso sollevato lo scorso 20 dicembre da «Il Sole 24ore» (pezzo a firma di Matteo Prioschi), che rilanciava il verdetto della Corte di Cassazione a sezioni unite, che ribadiva un principio pochi giorni fa tradotto in norma di legge da un decreto del governo Conte. Ed è in questo clima che si registra la decisione dell'avvocato Pino Vitiello di fare un passo indietro. Penalista di riconosciuta esperienza, che vanta per altro un passato di consigliere dell'ordine, l'avvocato Vitiello questa mattina depositerà la revoca della sua candidatura, uscendo dall'agone elettorale ad una settimana dal voto. In passato consigliere dell'Ordine, l'avvocato Vitiello aveva deciso di non candidarsi nel 2017, presentandosi invece per il voto del 2019 nella lista «coesione forense», un gruppo di avvocati che ha deciso di non indicare il capolista, nel rispetto di quanto emergerà dalle urne.

Ma cosa ha spinto l'avvocato Pino Vitiello a revocare la propria discesa in campo? «Ho presentato la domanda di candidatura prima del decreto, mi ritengo candidabile non avendo partecipato all'ultimo mandato. Credo che in questi casi occorra agire con l'esempio e non con le parole, di fronte allo scontro a colpi di pareri, di fronte alla ridda di sottigliezze, sfumature e distinguo che non apportano alcunché di positivo all'immagine dell'avvocatura, che non contribuiscono a rispettare la funzione dell'istituto dell'avvocatura». E ancora: «Sono pronto a sostenere i colleghi della mia lista e a rappresentare comunque per loro un punto di riferimento, nella convinzione del fatto che non ci sia rinnovamento che non sappia declinare un dialogo costruttivo con chi ha esperienza». Poi una stoccata rispetto agli interventi del governo in chiave ordinistica, che hanno disciplinato il turn over dei candidati con la legge Falanga prima e con il decreto legge di qualche giorno fa: «Nutro forte perplessità nei confronti di un governo che si preoccupa di legiferare su vicende di natura ordinistica. Sono anch'io convinto che sia opportuno rispettare la libertà di voto degli avvocati, senza presentare delle liste bulgare e bloccate ai colleghi, non a caso sono stato il primo ad adottare sempre il principio dell'alternanza».

IL NUMERO
Ma quanti sono i presunti incandidabili? Stando a stime ufficiose (anche se confermate da tutte le correnti), sono sei i nomi che rischiano uno stop alla luce di quanto stabilito dal governo la scorsa settimana. Sei su venticinque consiglieri uscenti, tra i quali spiccano nomi di autorevoli esponenti del mondo forense napoletano. Ma a chi tocca accendere il semaforo rosso? Chi è chiamato a sollevare il caso dei presunti incandidabili? Spetta al presidente del seggio elettorale, che dovrebbe essere nominato martedì prossimo dal consiglio dell'ordine degli avvocati. Anche su questo punto c'è particolare incertezza, perché dal nome del presidente del seggio dipende poi l'indirizzo da seguire nell'applicare l'ultimo decreto legge del governo. Questione di interpretazioni, anche alla luce della battaglia di pareri sfoderata in questi giorni. Quelli di Giovanni Verde e di Sergio Longhi, due autorevoli interventi che puntano a disciplinare il caso Napoli, tra presunti incandidati, revoche ed attese per il responso delle urne.
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