Napoli, l'utero in affitto del clan: 10mila euro per un bambino

Napoli, l'utero in affitto del clan: 10mila euro per un bambino
di Leandro Del Gaudio
Sabato 5 Ottobre 2019, 23:00 - Ultimo agg. 7 Ottobre, 07:02
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Avrebbe regalato un figlio a un proprio affiliato. Glielo avrebbe comprato, versando diecimila euro nelle mani di una donna, disposta ad offrire il proprio grembo per interessi economici. E lo avrebbe fatto - scrivono gli inquirenti - per consolidare agli occhi del proprio seguito criminale il carisma di capoclan: voleva rafforzare il suo spessore di capo, il proprio ruolo di boss. 
 
Brutta storia a Napoli, città dove la camorra mette le mani su tutto, anche sui neonati. Ed è dalle indagini della Dda che spunta un caso di utero in affitto (pratica non legale in Italia), con tanto di aggravante mafioso. Una vicenda che il Mattino ha deciso di raccontare per la sua gravità, senza però fornire alcun particolare sul boss imputato e sugli altri soggetti finiti in questi giorni a giudizio, ovviamente a tutela della serenità della piccola vittima. I fatti. Stando al dispositivo del gup Saverio Vertuccio, il boss è accusato di alterazione di stato civile di un neonato e del reato di falso: ipotesi - va precisato - aggravate dal fine mafioso. Stando agli atti, avrebbe contribuito a trarre in inganno un dipendente del comune di Napoli, facendo registrare negli elenchi municipali particolari e aspetti non veritieri sulla identità dei genitori del nascituro. E in questo modo - si legge -, «avrebbe fornito la dimostrazione sul territorio della forza dell’organizzazione, tanto da mostrarsi in grado di procurare un figlio a uno dei suoi affiliati». Avrebbe così messo nelle mani di un suo sottoposto una somma di 10mila euro, soldi destinati alla donna che avrebbe poi accettato l’accordo, rimanendo incinta e portando avanti la gravidanza, fino a consegnare il piccolo tra le braccia della coppia.

Ma chi è la donna che avrebbe accettato di affittare il proprio utero? Stando alla ricostruzione della Dda di Napoli, si tratta di una ragazza dell’Est europeo, che per qualche anno ha vissuto nell’agglomerato di edifici chiamato case nuove, alle spalle del Loreto Mare. Avrebbe poi fatto perdere le tracce, tanto da risultare assente da mesi per la giustizia italiana. Non risponde al telefono, potrebbe aver lasciato l’Italia, dopo aver intascato la somma di denaro pattuita con il boss della zona. Scrive oggi il gip: «L’indagata, madre biologica del neonato, risulta allo stato di fatto irreperibile, avendo sempre fornito generalità diverse e non corrispondenti alla realtà». Una sorta di funambolo avvistata in studi medici, asl e uffici comunali, che avrebbe messo al mondo diversi bambini, poi assegnati ad altri genitori, ricevendo sempre soldi in cambio, fino a quando ha capito che era giunto il momento di lasciare l’Italia. Probabile che abbia compreso lo spessore dei soggetti con cui aveva a che fare, intuendo il pericolo di scambiare la vita che ha tenuto in grembo per nove mesi con soggetti in odore di camorra. 

Ma come nasce l’inchiesta sulla falsa attestazione all’anagrafe? Siamo nella parte orientale dell’area metropolitana, una zona che va dai quartieri di Napoli est ai comuni vesuviani, al lavoro il pm della Dda Antonella Fratello, che in questi anni ha firmato arresti e sequestri a carico di boss e killer protagonisti di faide sanguinarie. Ed è dal lavoro condotto sulla polveriera criminale della periferia orientale, che spuntano tracce del presunto mercimonio, che spingono ad indagare sulla falsificazione degli atti dinanzi a un impiegato dell’Anagrafe. 

Non sono passate così inosservate alcune intercettazioni telefoniche, che vengono poi rafforzate dai verbali di pentiti che confermano la storia della compravendita del neonato. Atti che spingono il gip a ragionare su uno scenario più ampio: «Tutti gli elementi sopra rassegnati appaiono indici significativi dell’esistenza di un contesto criminale organizzato, avente ad oggetto un traffico illegale di bambini che, trovando avallo nelle dichiarazioni rese ai collaboratori di giustizia e da altre fonti investigative, appare suscettibile di un approfondimento investigativo che sicuramente è all’attenzione degli inquirenti». 

Ma qual è oggi la posizione del boss finito a giudizio? Ha scelto - assieme agli altri imputati - di essere giudicato con il rito abbreviato, pronto a dimostrare l’assenza di alcun interesse criminale nell’aver prestato una somma di denaro al proprio conoscente (soldi poi utilizzati per comprare il neonato). Sono risultate drammatiche invece le pagine dell’inchiesta legate alla comparazione dei codici genetici dei soggetti coinvolti: sono stati ricavati tamponi dalla saliva di tutti i protagonisti di questa storia ed è arrivata la conferma di quanto emergeva dai primi verbali. C’è stato uno scambio di persone - dicono gli atti - dinanzi agli uffici dell’anagrafe è stato dichiarato il falso. Ed è nelle pieghe di queste indagini, che sono venuti fuori i parti effettuati dalla donna in questi anni, quanto basta a mettere a fuoco - al di là del presunto ruolo di potere esercitato dal boss - un problema in particolare: quello di stabilire se a Napoli esista un traffico di neonati; se qualcuno compra bambini strappati dal grembo di donne costrette a vendersi; se i boss della camorra - per avere più potere - hanno iniziato anche a regalare neonati ai propri affiliati. 
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