Clan a Medjugorje: il giallo del prete
sparito nel nulla da tre anni

Clan a Medjugorje: il giallo del prete sparito nel nulla da tre anni
di Mary Liguori
Domenica 8 Luglio 2018, 22:54 - Ultimo agg. 10 Luglio, 07:04
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Hanno cercato di investire sui viaggi spirituali, ma poco dopo si sono visti costretti a cambiare idea. Non che il settore sia saturo, tutt’altro. Sembra che a obbligare due imprenditori napoletani a modificare i propri piani siano state le minacce di gente vicina alla criminalità organizzata, gente che parla «per conto della camorra». Quello delle minacce di «matrice estorsive» con le quali alcuni impresari sarebbero stati obbligati a rinunciare a investire nel campo dei pellegrinaggi è solo uno dei filoni emersi dopo l’arresto del prete esorcista Michele Barone. Un’inchiesta ormai di più ampio respiro che arriva fino alla meta mariana in Bosnia Erzegovina. L’allarme dell’inviato permanente del papa a Medjugorje, l’arcivescovo polacco Henrick Hoser, che ha denunciato gli interessi della camorra sui pellegrinaggi, parte da quanto raccolto dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere che, accanto all’inchiesta madre su abusi ed esorcismi, ha aperto un filone di accertamenti finanziari che hanno fatto maturare il sospetto che i clan napoletani si siano insinuati nel circuito dei pellegrinaggi, con interessi sui viaggi, sugli hotel e sulle guide. A margine di tutto ciò, il racconto di chi aveva intenzione di investire su Medjugorje e poi si è visto costretto a fare dietrofront.

IL PRETE SCOMPARSO
La paura di fare «una brutta fine» sarebbe alla base di una delle testimonianze al vaglio degli inquirenti che stanno indagando sugli affari della camorra che ruotano intorno a Medjugorje. Aleggia su tutta la vicenda una storia che risale al 2015, ma che non è unica nel suo genere. Lo spettro delle tante sparizioni di pellegrini avvenute in Bosnia Erzegovina. È uno, in particolare, il giallo irrisolto e riguarda il sacerdote missionario Luciano Ciciarelli, monfortano di 79 anni di Civitella Casanova sparito il 2 agosto del 2015. Quella mattina il religioso uscì dall’hotel solo con il cellulare e di lui non si seppe più nulla. Per giorni, anche 140 persone e due elicotteri cercarono il religioso, ma senza esiti. Le autorità bosniache ci hanno messo una pietra sopra un anno dopo: «disperso, il caso è chiuso». Ad oggi, la famiglia cerca ancora una verità che sembra non voler venire a galla. Padre Ciciarelli stava trattando per la donazione di un terreno in una posizione privilegiata: ai piedi del Podbrdo, la collina dove le veggenti sostengono di vedere la Madonna. Il costo del suolo ggetto dell’operazione che il missionario non riuscì mai a concludere era di 800mila. 

 

IL RACKET DEI SUOLI SACRI
Quando si recò a Medjugorie, padre Ciciarelli si stava occupando delle trattative per un terreno per conto della Consecratio Mundi, associazione benefica che costruisce case famiglia per orfani e ragazze madri nelle zone più depresse dell’America Latina. Il progetto era acquisire il suolo per farne un ospizio per pellegrini. Ma il terreno era di quelli appetibili assai e, mentre i mesi passavano e del religioso non si sapeva più nulla, il superiore provinciale dei monfortani, Angelo Livio Epis, ipotizzò che quella vicenda potesse essere alla base della scomparsa del prete. Anche i familiari di Ciciarelli, negli anni, hanno parlato di quel suolo collocandolo tra le possibili cause della scomparsa. Sulla lottizzazione dei suoli «sacri» e sulla costruzione di hotel per pellegrini vige una sorta di patto tra le mafie. L’ultima parola spetta, come si può immaginare, alla criminalità locale.
LA CRIMINALITÀ SERBA
È plausibile che dietro la scomparsa del prete ci sia la malavita slava piuttosto che quella italiana. D’altronde, sugli affari della camorra a Medjugorie, i clan napoletani potrebbero aver stretto accordi, insieme a imprenditori vicini ai Casalesi, con i mafiosi serbi per spartirsi la ricca torta. Sui tre hotel in cui vengono generalmente alloggiati i fedeli campani i riflettori si sono ormai accesi e l’ipotesi al vaglio è quella che la camorra si serva di uno stuolo di prestanome bosniaci per riciclare un fiume inarrestabile di soldi. Gli investimenti nell’Est Europa sono peraltro oggetto di un braccio di ferro attualissimo tra l’Italia e la Romania, dove è stato trovato il «tesoro» del boss Michele Zagaria, gestito dall’imprenditore Nicola Inquieto. Arrestato a Pitesti, è stato estradato in Italia solo per 4 mesi. Il suo impero milionario, fatto di imprese e cantieri edili, per la Dda riconducibile ai Casalesi, è invece salvo: il sequestro spiccato dai giudici italiani è inattuabile nei Paesi dell’Est. 
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