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«Giorno dopo giorno, ora dopo ora, - sottolinea l'arcivescovo - verifichiamo l'angoscia che prende padri e madri di famiglia che non riescono a mettere un piatto a tavola per i loro figli. Per Grazia di Dio in queste settimane la Caritas e altre associazioni caritatevoli si sono messe in moto e, consegnando cibo e buoni pasto, hanno assicurato la sopravvivenza. Questo tempo ci ha fatto comprendere quanto siano importanti la solidarietà, l'interdipendenza e la necessità di fare squadra per sostenere e dare speranza ai più fragili. In questo contesto sociale così precario e preoccupante, un saluto cordiale desidero rivolgere alle Organizzazioni Sindacali che, con enorme difficoltà, cercano di farsi interpreti e portatori delle attese e delle istanze di tanti che rischiano di perdere definitivamente il lavoro, di quelli che il lavoro hanno già perso e di coloro che non lo hanno mai avuto. A loro rivolgo espressioni di vicinanza e di incoraggiamento a continuare a svolgere il loro prezioso ruolo di intermediazione. Un pensiero particolare, poi, voglio dedicare a lavoratori speciali quali sono i medici, gli infermieri e tutto il personale che in questo difficile tempo si sta dedicando, con generosità e abnegazione, alle persone che si sono ammalate per il Coronavirus. Il loro è stato un impegno straordinario che ha visto tanti operatori sanitari prendersi cura delle persone contagiate senza risparmiarsi, in alcuni casi fino a perdere la propria vita. Una testimonianza che ci spinge ad andare avanti con speranza, per cogliere la sfida di rendere il mondo una casa comune».
«Con questo auspicio nel cuore e con il ricordo commosso delle tante vittime - conclude il cardinale Sepe - ci apprestiamo a celebrare la Festa del primo Maggio di quest'anno, nella speranza che veramente più nulla torni ad essere come prima, nel senso che per tutti ci siano salute, sicurezza e libertà ma anche lavoro e benessere.
Rivolgiamo alla Madre di Dio il nostro sguardo e affidiamoci alla sua misericordia. Dio Vi benedica e 'a Maronna V'accumpagna!».