Gli hanno sequestrato il cellulare. Sono andati a casa sua, con il massimo della cautela (trattandosi di un soggetto positivo asintiomatico al covid), gli hanno prelevato il telefonino, che ora resta a disposizione della Procura di Napoli. Primo step dell’inchiesta sulla morte di Giuseppe Cantalupo, l’uomo di 84 anni trovato privo di vita nella toilette del Cardarelli, come rappresentato da un video che ha fatto il giro di media e canali social. Ed è proprio dall’analisi di immagini e video raccolti da uno o più pazienti nel pre-triage dell’ospedale collinare, che l’inchiesta comincia a prendere forma. C’è una doppia mossa da parte della Procura: da un lato il sequestro del cellulare del videomaker che, in una trasmissione televisiva di rilievo nazionale ha candidamente dichiarato di possedere altri filmati, oltre quello che rappresentava il corpo dell’uomo esanime nella stanza dei servizi igienici; dall’altro, la necessità di mettere a fuoco ipotesi di accusa in grado di ricostruire eventuali responsabilità in vista dell’autopsia.
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In sintesi, sono due i reati ipotizzati fino a questo momento dagli inquirenti, in un fascicolo che - bene chiarirlo - resta ancora contro ignoti: oltre all’ipotesi di omicidio colposo, la Procura ipotizza anche l’accusa di abbandono di incapace, nel tentativo di mettere a fuoco il livello di assistenza che era stato riservato a Giuseppe Cantalupo, a partire dall’ingresso in ospedale.
Ma proviamo a ricostruire il ragionamento della Procura, secondo quanto emerso finora dai pochi atti a sorpresa messi a segno. Indagine condotta dal pm Liana Esposito e dal procuratore aggiunto Simona Di Monte, sabato scorso il sequestro del telefonino cellulare del videomaker, un uomo ricoverato per qualche giorno al Cardarelli e che ha vissuto nelle stesse condizioni di attesa di Cantalupo.
Video da brividi, ricordate quelle immagini? Torniamo a sette giorni fa: mercoledì undici novembre, c’era almeno un centinaio di pazienti nell’area filtro del Cardarelli, quella destinata ai primi accessi ancora da catalogare come pazienti covid o no covid.
Una vicenda che ha reso necessario il blitz a casa del videomaker che aveva ricordato pubblicamente il motivo del filmato prodotto con il cellulare all’interno del Cardarelli: «Volevo solo rappresentare le condizioni di centinaia di malati, non potevo sopportare la vista di un uomo abbandonato a se stesso nel bagno di un ospedale». Una posizione, quella del videomaker, che resta al vaglio degli inquirenti: è potenziale testimone di accusa nel corso del processo sulla morte del paziente 84enne; ma è anche oggetto di una denuncia spedita ai carabinieri dalla direzione del Cardarelli, in cui si ipotizzano le accuse di interruzione di pubblico servizio e di diffamazione. Questione di punti di vista, che toccherà ora alla Procura valutare, anche alla luce di quanto verrà fuori da eventuali documenti recuperati dal cellulare sequestrato: saranno analizzati filmati o clip audio legati alla permanenza nel reparto-filtro, poi saranno ascoltati i diretti interessati, a cominciare proprio dall’autore del film choc sull’interno ospedaliero. Ore decisive, mentre in questi giorni verrà fissato l’incarico autoptico, per cominciare a stabilire quanto reggono le accuse della prima ora: in un fascicolo iscritto per omicidio colposo e abbandono di incapace.