Da pentito a camorrista, Zapata Misso aveva chiesto aiuto allo Stato dopo la revoca della protezione

Da pentito a camorrista, Zapata Misso aveva chiesto aiuto allo Stato dopo la revoca della protezione
di Giuliana Covella
Domenica 3 Settembre 2017, 17:15
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Cambiare vita si può, ma in alcuni casi sembrerebbe impresa davvero ardua. Era il febbraio 2006 quando fu arrestato a Roma in procinto di fuggire in Spagna, nel pieno della faida in corso alla Sanità tra i Misso e gli scissionisti Torino. Allora era ritenuto dagli investigatori il reggente del clan ed erede naturale  dello zio, Giuseppe Misso, che dal 2007 è un collaboratore di giustizia. Oggi Emiliano Zapata Misso, 36 anni, torna a far parlare di sé, dopo la revoca della protezione speciale. Trovato in possesso di quattro molotov in casa, è stato arrestato dai poliziotti dell’Ufficio prevenzione generale della questura di Napoli. Ma appena due mesi fa aveva lanciato, attraverso le colonne del quotidiano Il Roma, la sua disperata richiesta d’aiuto allo Stato, poiché - senza più scorta - rischiava per la morte insieme ai suoi familiari una volta ritornato nella città all’ombra del Vesuvio.

A rendere concreto quel rischio, secondo l’ex pentito, era stata una puntata delle “Iene” su Italia 1: «L’inferno che sto vivendo inizia l’8 marzo dell’anno scorso, quando viene mandata in onda un’intervista ai miei fratelli Manolo e Celeste - aveva raccontato Zapata - i quali denunciano i rischi per la loro incolumità e invocano l’immissione nel programma di protezione per i testimoni di giustizia». In quella circostanza fu mostrata una foto di Emiliano tornato a Napoli con la moglie, che a luglio scorso sarebbe rimasta vittima di un’aggressione. «Tu e tuo marito non fatevi più vedere o vi uccidiamo», sarebbero state le parole dette alla donna da persone che l’avrebbero minacciata e malmenata in via Foria. Proprio dove oggi Misso risiedeva agli arresti domiciliari per associazione mafiosa in un appartamento, dove gli agenti hanno rinvenuto quattro molotov nel bagno. 
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