I datteri «d'oro» della camorra: spaccio nei calzaturifici dei clan

I datteri «d'oro» della camorra: spaccio nei calzaturifici dei clan
di Ciriaco M. Viggiano
Domenica 19 Maggio 2019, 14:30
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Chi l'ha detto che per consumare datteri di mare ci si debba giocoforza rivolgere a ristoranti e pescherie compiacenti? Nell'area stabiese e nell'hinterland vesuviano, così come in alcune località della penisola sorrentina, i molluschi vengono smerciati anche in attività commerciali che vantano legami non col mare ma con la criminalità organizzata: macellerie, pollerie e persino parcheggi, calzaturifici e autolavaggi.

Ecco l'ultima verità che emerge dall'inchiesta condotta dalla procura di Torre Annunziata e dalla capitaneria di porto di Castellammare sul traffico di frutti di mare proibiti. Inquirenti e forze dell'ordine lavorano senza sosta per sgominare l'organizzazione criminale capace di smistare in tutta Italia, a prezzi che raggiungono anche i 150 euro al chilo, i datteri di mare illegalmente raccolti nelle acque della penisola sorrentina. Impresa tutt'altro che facile, viste le innumerevoli connessioni della gang. A Castellammare come a Massa Lubrense, a Scafati come a Pompei, i datteri possono essere acquistati anche in attività insospettabili. Basta avere una conoscenza diretta degli «spacciatori» che sempre più spesso si nascondono dietro il volto di un macellaio, di un parcheggiatore o del titolare di un autolavaggio.
 
Dopodiché servono le «parole d'ordine», cioè i nomi in codice affibbiatI ai molluschi: «roba», «situazione», «cosi», «piselli», «fagiolini», a seconda delle caratteristiche e del prezzo. In una circostanza gli investigatori hanno beccato un acquirente che a un macellaio chiedeva mezzo chilo di «confetti alle mandorle»: chiara allusione, secondo la capitaneria di porto, ai datteri di Punta Campanella, più corposi e quindi più pregiati. Per ricostruire i canali attraverso i quali i carichi di datteri partono da Castellammare e raggiungono addirittura il confine con la Francia, le forze dell'ordine stanno passando al setaccio le acque della Costiera e decine di abitazioni e negozi nell'hinterland stabiese e vesuviano. Ieri è toccato a un 36enne che, all'improvviso, ha visto piombare i militari nella sua casa di Pozzano. Una fonte confidenziale, infatti, aveva annunciato che da quelle parti sarebbe transitato un pacco di trenta chili di molluschi. Gli uomini del comandante Ivan Savarese hanno perquisito l'abitazione, la cantina, tre scooter e l'automobile del 36enne, ritrovando solo alcuni gusci: segno che la merce era passata di lì poco tempo prima. Alla fine il 36enne, che aveva temporeggiato nell'aprire ai militari, è stato denunciato per resistenza a pubblico ufficiale. E l'episodio è al vaglio della Procura della Repubblica di Torre Annunziata. Resta alta l'attenzione di magistrati e forze dell'ordine sul business che sta arricchendo numerosi pregiudicati in odore di camorra e, nello stesso tempo, devastando i fondali della penisola sorrentina.

Decine i fiancheggiatori dell'organizzazione, tra i quali molti minorenni usati come «pali» o impegnati sott'acqua nella raccolta dei datteri; più di mille i consumatori, tra i quali chef stellati che a breve potrebbero vedersi contestata l'ipotesi di ricettazione. Nelle ultime settimane la Capitaneria di porto sta lavorando per quantificare il danno all'ecosistema marino e identificare i canali del mercato illegale: la sensazione è che la svolta nell'inchiesta, che nei mesi scorsi ha portato al sequestro di quintali di molluschi vietati, sia finalmente vicina.
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