Napoli: delitto Materazzo, dopo la sentenza guerra in famiglia per l'eredità

Napoli: delitto Materazzo, dopo la sentenza guerra in famiglia per l'eredità
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 9 Maggio 2019, 00:00 - Ultimo agg. 21:44
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Prima di salutare i giudici, Luca Materazzo ha raccontato un particolare di quel che resta della sua dimensione privata, intima, familiare: «Non so che fine abbiano fatto le mie cose, i miei indumenti, le mie carte... non so nulla». E, riferendosi a un potenziale movente alternativo all’omicidio del fratello Vittorio, si è rivolto ai giudici della Corte di assise: «Chi poteva avere interesse ad addossare su di me la responsabilità dell’omicidio di Vittorio? Una sorella, un parente stretto?».

Domande girate ai giudici, parole pronunciate a pochi passi dall’ergastolo, dalla condanna per un fine pena mai, su cui però conviene riflettere, alla luce dell’altra partita che si sta giocando in sede giudiziaria tra parenti, all’indomani della conclusione del processo penale. 

Un’eredità milionaria da dividere in sei, tra questi c’è anche l’ergastolano (ma la condanna è rivedibile in appello) Luca Materazzo.

Ma andiamo con ordine, proviamo a fare chiarezza sulle pagine più amare di una famiglia di costruttori per anni nota e stimata a Napoli. Si terrà il prossimo dieci ottobre l’udienza dinanzi al giudice civile per stabilire la spartizione dell’eredità di casa Materazzo. Secondo una delle ultime ordinanze dei giudici della Torre A, sono sei gli aventi diritto, sei gli eredi del patrimonio di Lucio Materazzo e della moglie, ma anche della mamma dello stesso Lucio: ci sono le quattro sorelle (due delle quali si sono costituite parte civile nel corso del processo a carico di Luca), Elena Grande (moglie dell’ingegnere ucciso) e lo stesso Luca. In questi mesi, mentre andava avanti il processo penale, il giudice civile è intervenuto due volte per fare chiarezza sulla posizione di Luca: ed è così che il più piccolo di famiglia (che due giorni fa ha compiuto 38 anni) è stato considerato formalmente un erede, un avente diritto a un sesto dei beni di famiglia. 
 
Non si tratta di un fatto scontato, a giudicare dal clima che si è respirato in questi mesi dentro e fuori le aule di udienza. In una primissima fase, Luca è stato ritenuto «contumace», dal momento che non si era costituto in giudizio assieme agli altri fratelli. Poi, a partire dal dicembre del 2016, Luca è sparito dalla circolazione (inseguito da un mandato di cattura europeo), fino ad essere arrestato a gennaio del 2018 a Siviglia, dove svolgeva il mestiere di barista. 

Mesi in cui i giudici hanno affrontato e concluso il caso della sua condizione processuale, almeno in sede civile: è erede; c’è stata una accettazione tacita da parte di Materazzo jr della sua condizione di erede. Resta aperto un altro caso, fino a questo momento rimasto sullo sfondo, ma destinato a riattualizzarsi - almeno in via potenziale - all’indomani della condanna all’ergastolo. In sintesi, Luca ha conservato la «dignità» di erede? La condanna come assassino del fratello (primo degli eredi di Lucio) è destinata a rimescolare le carte in materia di suddivisione dei beni? Tecnicamente, chiunque sia «portatore di interessi» in questa vicenda ha la possibilità di sollevare il problema, per espropriare Luca del diritto ad accedere all’eredità di casa Materazzo, dal momento che la sua condanna all’ergastolo (che non è ancora definitiva) riguarda proprio il delitto di un erede, per giunta per un’ipotizzata motivazione economica.

Intanto, 24 ore dopo la condanna all’ergastolo le due sorelle che si sono costituite parte civile hanno riservato alcune battute al Tg3 Campania, ricordando che «Luca non ha voluto farsi aiutare, ma ha sempre tenuto lontano il resto dei componenti della famiglia». Decide invece di non commentare la sentenza Elena Grande (difesa dagli avvocati Arturo ed Enrico Frojo), chiusa da tempo nel silenzio e nel desiderio di tenere i due figli al riparo da altri momenti di sofferenza. 

Cala il sipario sul processo penale, si attendono novanta giorni per il deposito da parte della prima assise (presidente Provitera) delle motivazioni della sentenza, probabile un secondo round in appello. «Grazie avvocato, grazie di cuore», ha detto Luca Materazzo al suo difensore di fiducia, il penalista Bruno Cervone, prima di lasciare l’aula mandando un saluto alle due sorelle ancora in aula. 

È lui - almeno per il momento - il mostro di Chiaia, è lui che avrebbe covato odio verso il fratello maggiore, è lui che ha atteso al balcone, quel 28 novembre del 2016: eccolo ritornare in casa, l’imprenditore 51enne Vittorio Materazzo, Luca indossa il casco da motociclista, chiama l’ascensore e si nasconde nell’androne. Fu solo allora, che l’odio accumulato in tanti anni è stato più forte del sorriso del fratello più grande che tanti anni fa lo teneva tra le braccia.
 

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