La droga dello sballo con le «puntate» in bitcoin: è napoletana l'app per navigare nel dark web

La droga dello sballo con le «puntate» in bitcoin: è napoletana l'app per navigare nel dark web
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 4 Giugno 2021, 12:30 - Ultimo agg. 5 Giugno, 08:13
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Nove minorenni (un capo e otto soci), una vita davanti al computer. Grandi smanettoni, un po' ingobbiti, occhiaie da nerd (esperto di nuove tecnologie), decisamente spregiudicati. Sono stati denunciati per traffici di sostanze stupefacenti, come esponenti di una gang specializzata nella compravendita di hashish e marijuana. Vicende ordinarie? Niente affatto, a giudicare dal modus operandi messo in campo dal gruppetto di adolescenti: avevano scaricato una app per navigare in internet senza lasciare traccia o riferimenti alle proprie identità (il cosiddetto dark web) e acquistavano i bitcoin. Criptovaluta per comprare droga, per farsela recapitare in punti strategici del proprio contesto cittadino (negozi o store usati anche dalle grandi catene di distribuzione), per smerciare in modo completamente anonimo. Sono queste le accuse mosse nei confronti di un gruppetto di studenti, che avevano escogitato il modo per acquistare droga in modo anonimo, senza affacciarsi in quartieri degradati e evitando scambi di mano compromettenti. 

Nove avvisi di conclusione delle indagini, al termine delle verifiche condotte dal Gico della Finanza (agli ordini del tenente colonnello Danilo Toma) e dal Goa (guidati dal capitano Riccardo Fiore), sotto il coordinamento della Procura minorile di Napoli.

Sotto accusa finiscono nove studenti, tutti incensurati o comunque non segnalati alle forze dell'ordine. Perfettamente integrati, appartenenti a un tessuto borghese, iscritti prevalentemente al liceo classico. Tra loro, c'era un capo. È il personaggio chiave di questa storia, indicato dalla Procura napoletana (titolare dei reati consumati da under 18 anche nel Beneventano, dove sarebbero avvenuti i traffici) come la mente, come l'organizzatore. Una particolare dimestichezza informatica, spregiudicato. Ha agito in due direzioni: ha scaricato una app (si chiama tor, la più in voga in questo campo), usata per l'accesso a quello che viene definito dark web, grazie alla quale ha dato inizio a conversazioni non tracciabili. In modo anonimo, è entrato in contatto con pusher per l'acquisto di sostanze stupefacenti per così dire leggere: hashish, in particolar modo, che veniva recapitato usando la frontiera dell'ecommerce. In sintesi, la droga veniva recapitata nei punti convenzionati dai rapporti con le multinazionali (tabaccherie, cartolerie, edicole, punti vendita ordinari), particolarmente gettonati soprattutto nei mesi della pandemia. Ma non è l'unica novità legata a questa storia. Non è sfuggito il modo in cui venivano effettuati i pagamenti. Il giovane trafficante usava la criptovaluta. Tramite una carta di credito prepagata (su postpay), veniva acquistata criptovaluta: si tratta di bitcoin, monete virtuali che possono essere sempre cambiati in soldi correnti in chiaro, ma che risultano uno strumento agile per gli acquisti estero su estero. Ed è tramite la criptovaluta che sono state realizzate almeno una decina di «puntate». Una espressione che - a leggere l'avviso di conclusione delle indagini notificato in questi giorni, apre a un intero mondo di contatti e a un linguaggio tipico delle organizzazioni criminali (come per altro riflettono alcuni investigatori). In che cosa consistono le puntate? È sempre il nerd numero uno ad avere un ruolo decisivo in questa storia: come un allibratore, raccoglieva le richieste di hashish e modulava gli acquisti. Almeno una decina di casi finiti sotto i riflettori, prima del blitz della finanza, che ha anche consentito di sequestrare alcuni panetti di droga. 

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Nessuna responsabilità viene invece ipotizzata nei confronti degli hub che ricevevano la merce e degli stessi spedizionieri. Erano estranei alle indagini, semplici strumenti di un traffico che avviene anche attraverso la nuova frontiera informatica.

Inchiesta che ora fa i conti con una serie di verifiche. Accertamenti informatici sono stati disposti su computer e smartphone, insomma su quei canali che potenzialmente sono serviti per il trasferimento di contatti e di richieste. Insomma, si punta a capire se il giro fosse più ampio di quanto potesse sembrare. Se nella trama di relazioni del giovane (e spregiudicato) esperto informatico trafficante di droga ci fossero anche altri acquirenti, soci o complici. Un mercato, come è facile comprendere dalla frontiera utilizzata, che rischia di essere molto più ampio da un piccolo gruppetto di amici della sana provincia tra Napoli e Benevento. 

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