Droga in Costiera, con l'erba skunk:
​il clan Di Martino dominava il mercato

Droga in Costiera, con l'erba skunk: il clan Di Martino dominava il mercato
di Ciriaco M. Viggiano
Mercoledì 13 Marzo 2019, 10:23
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Per i tossicodipendenti di Sorrento e dintorni è il «servizio»: un nome più «nobile» rispetto a quelli tradizionalmente affibbiati ad altri derivati della cannabis perché più pungente è il suo odore e più devastanti sono gli effetti. Si spiega così l'esorbitante domanda di skunk, droga ottenuta ibridando alcune varietà esistenti di canapa indiana. Ecco il nuovo vizio di centinaia di giovani, secondo quanto emerge dall'operazione «Terra delle Sirene» che due giorni fa ha disarticolato il traffico di stupefacenti messo su tra i Monti Lattari e la Costiera dal clan Di Martino.
Le migliaia di intercettazioni effettuate dai carabinieri delineano un quadro allarmante del consumo di droga nell'area stabiese e in penisola sorrentina. Qui, accanto a marijuana, hashish e cocaina, sembra essersi progressivamente affermata la skunk di cui pusher e tossicodipendenti decantavano le qualità. «Quella roba fa paura confessava uno dei presunti spacciatori coinvolti nell'inchiesta della Procura di Torre Annunziata e perciò intercettato Non voglio venderla, preferisco fumarmela perché è troppo buona». Altri, invece, sottolineavano le differenze rispetto alla comune marijuana: «Quella non si può fumare, puzza, fa proprio schifo». Di qui l'impennata della domanda di skunk registrata dagli investigatori nell'arco di due anni.

 

IL BUSINESS
A questa crescente richiesta l'organizzazione facente capo a Fabio Di Martino, figlio del capoclan Leonardo «'o lione», aveva risposto intensificando la produzione e lo smercio di skunk a un prezzo medio di circa 30 euro al grammo: una cifra più vicina agli standard dell'hashish che non della «classica» marijuana, tradizionalmente appannaggio dei tossicodipendenti con minore disponibilità di denaro. I quantitativi? Dalla dose di cinque grammi, spesso occultata in capsule di plastica con chiusura ermetica, ai più corposi «pacchi», acquistati dai giovanissimi tramite collette. Scenario ancora più allarmante se si riflette sugli effetti della skunk, capace di creare forte dipendenza e di scatenare violente forme di psicosi grazie al suo ridotto contenuto di cannabidiolo, sostanza che funge da «freno naturale». È anche grazie alla produzione e alla vendita di questa nuova droga che l'organizzazione attiva tra i Monti Lattari e la Costiera aveva dato vita a un business milionario.
A fare la parte del leone sarebbero stati Fabio Di Martino e Mario Molinari, arrestati dai carabinieri del capitano Marco La Rovere insieme ad altre 12 persone alle quali se ne sommano tre finite ai domiciliari, altre tre destinatarie del divieto di dimora in provincia di Napoli e sei per le quali è stato disposto l'obbligo di firma. Di Martino e Molinari senior, legati da rapporti di parentela, avrebbero gestito il narcotraffico controllando l'intera filiera della droga e arrivando così a spartirsi incassi a sei zeri. Alle loro dipendenze un esercito di pusher, incluso un ragazzo coinvolto nello stupro ai danni di una 15enne di Pimonte nel 2016: giovani spesso minorenni ma assai spregiudicati, pronti a sparare, minacciare e incendiare le automobili dei malviventi e dei tossicodipendenti che osavano rifornirsi di droga attraverso differenti canali.
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