Il procuratore Colangelo: «Scarcerazioni e impunità: così i killer tornano a Forcella»

Il procuratore Colangelo: «Scarcerazioni e impunità: così i killer tornano a Forcella»
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 7 Gennaio 2016, 08:33
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Dice che lo Stato ce la può fare ad estirpare la camorra da Napoli, ma deve mettere in campo tutti i suoi mezzi, tra prevenzione e repressione, tra attività di polizia giudiziaria e interventi di natura culturale. Poi pensa alle esperienze di magistrato in altri contesti territoriali, pensa a come Bari vecchia e Matera hanno superato l’isolamento e il degrado degli anni Ottanta dimostrando di poter invertire la rotta. Ma, più di ogni altra cosa, il procuratore Giovanni Colangelo ricorda la «necessità che le pene siano certe, esecutive e in grado di riabilitare», mentre dice no all’esercito contro i clan, «se non come strumento per liberare uomini dal controllo di obiettivi strategici». Eccolo il procuratore Giovanni Colangelo, all’indomani degli ultimi fatti di sangue consumati in pieno clima festivo, sotto gli occhi di donne e bambini.

Procuratore, il 31 dicembre l’omicidio di Maikol Giuseppe Russo a pochi passi dalle mura greche di Forcella: diciamo che il suo appello alle altre forze dello Stato dello scorso giugno è caduto nel vuoto. Dopo gli arresti della paranza dei bimbi, nessun intervento politico sul territorio?
«Non so se è caduto nel vuoto, dico che lo scenario napoletano è abbastanza chiaro a tutte le componenti dello Stato e che non si cambia la storia di un quartiere in pochi mesi. Come ha detto di recente il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, lo Stato può estirpare la camorra solo se lo vuole e se mette in campo tutte le sue forze. Posso fare esempi concreti in materia».

Quali?
«Anni fa si parlava di Bari vecchia per il degrado e il malaffare, oggi non è più così. Stesso discorso, mutatis mutandis, per Matera che è diventata grazie ai suoi ”Sassi” capitale culturale e meta di turismo. Eppure, un tempo era un centro isolato e poco conosciuto».

Dopo gli ultimi due omicidi, da più parti si lamenta l’assenza dello Stato, a Forcella come a Melito. Cosa risponde?
«Omicidi e agguati camorristici sono eventi che sconvolgono le coscienze delle persone, ma non è giusto trarre queste conclusioni. Lo Stato c’è e lo dicono i numeri di arresti e sequestri».

Sì, ma intanto, uno se ne sta nel bar del fratello a festeggiare, e viene ucciso...
«Se parla dell’omicidio di Maikol Giuseppe Russo, stiamo vagliando tutte le ipotesi possibili, le indagini sono in corso, anche se le ricordo che è impossibile prevedere che avvengano episodi di questo tipo. Se alcuni giovanissimi in sella agli scooter decidono di sparare all’esterno di un bar o di un pub, non è semplice intervenire per bloccarli subito. Sono azioni difficilmente prevedibili, si può fare poco per scongiurare un simile evento».

Torniamo a Forcella, cosa sta accadendo dopo i vostri arresti? Non bastano oltre cento manette per impedire spargimenti di sangue?
«Le rispondo ripetendo un concetto espresso dal procuratore generale Luigi Riello qualche mese fa proprio sul vostro giornale. Il pg parlava di pene certe ed efficaci. Mi spiego meglio: la pena, oltre ad essere in grado di riabilitare chi viene condannato, come previsto dalla nostra Costituzione, deve anche essere effettiva ed efficace; deve sì rieducare il condannato, ma anche evitare zone franche e sensazioni di impunità».

È il caso delle scarcerazioni per decorrenza termini registrate a Forcella? In questi giorni, si è parlato di un ritorno di fiamma del clan Mazzarella, anche in seguito al ritorno a casa di Salvatore Barile, sempre per un caso di decorrenza dei termini.
«Non entro nel merito del singolo caso, né scopro eventuali piste investigative, dico solo che il problema delle pene c’è, esiste. Il nostro sistema, da un punto di vista giudiziario e penitenziario, non fa da deterrente e lo dimostrano i casi di scarcerazione anticipata».

Camorra scatenata, si torna a parlare di esercito (ieri, sul Corriere del Mezzogiorno), qual è la sua posizione a riguardo?
«Vede, in sede di comitato provinciale si è spesso affrontata la questione esercito. Credo che i militari debbano essere utilizzati a presidio di obiettivi sensibili, strategici, in modo da garantire più uomini di polizia e carabinieri nelle azioni di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria. Non vedo bene altri impieghi possibili dell’esercito: indagini e ordine pubblico vanno affidati a professionisti del settore, non riesco ad immaginare un ruolo dei militari dell’esercito per bloccare omicidi o azioni predatorie consumate sul territorio».

A Napoli non c’è solo l’emergenza camorra, ma anche il rischio di attentati terroristici. A Natale è bastata una rissa tra due persone nella zona dei baretti di Chiaia per far scoppiare la psicosi Isis. Come risponde a questa sensazione dell’opinione pubblica?
«Purtroppo certe psicosi appartengono a tutte le città del mondo occidentale. Da procuratore posso dire che abbiamo creato un’area che si occupa di terrorismo internazionale ed è rappresentata da magistrati di indiscussa competenza. Hanno a disposizione forze di polizia giudiziaria specializzate, ai napoletani posso dire che non abbassiamo la guardia su questo fenomeno. Con o senza i morti ammazzati dalla camorra o dalle gang cittadine». 
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