Napoli, il racconto choc: «Io, 17enne in coma etilico abbandonato dagli amici»

Napoli, il racconto choc: «Io, 17enne in coma etilico abbandonato dagli amici»
di Giuseppe Crimaldi
Domenica 6 Gennaio 2019, 22:57 - Ultimo agg. 8 Gennaio, 06:52
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La morte l’ha vista in faccia la notte di San Silvestro. Se oggi può raccontare fino in fondo il suo dramma consumatosi sotto gli occhi di centinaia di persone indifferenti, troppo occupate a far baldoria in strada al punto da non accorgersi di un adolescente in coma, G. S. lo deve a tre sconosciuti: due giovani e una ragazza di colore. «Li sto cercando - dice G.S., 17enne di Poggioreale - spero che questo articolo serva a mettermi in contatto con loro. Perché se sono ancora vivo è grazie a loro». 
Ricostruiamo i fatti. Che cosa è successo la notte di San Silvestro?
«Intorno alle due, dopo aver cenato a casa con i miei, sono andato con alcuni amici a festeggiare il Capodanno sul lungomare. Ci siamo spinti a piedi fino a Mergellina. Per strada c’erano chioschetti di ambulanti che vendevano di tutto, dalle bottiglie di prosecco a quelle di vodka. Pur non avendo mai bevuto alcolici mi sono lasciato trascinare e ho iniziato a bere. Per oltre un’ora - spiega mostrando le foto e i selfie custoditi ancora sul cellulare - non ho fatto altro che mandare giù bicchieri su bicchieri. Fino a quando ho iniziato a sentirmi male: mi girava la testa, ho iniziato a vomitare. Nemmeno mi ero reso conto di essere arrivato a Santa Lucia: e in via Palepoli mi sono accasciato su una panchina». 
E i tuoi amici?
«Ridevano. Uno di loro mi ha addirittura scattato altre foto e ha girato anche un “Boomerang” (la nuova applicazione che consente di fare dei brevissimi video, ndr) che ha poi pubblicato su Instagram».
Possibile che nessuno di loro si sia reso conto che stavi veramente male?
«Nessuno mi ha aiutato. Poi uno dopo l’altro sono scomparsi. Mi sono accasciato e ho perso conoscenza. Intorno alle 5 ho riaperto gli occhi, stavo malissimo, ero in stato di ipotermia, ma qualcuno finalmente si era accorto di me, mi stava accarezzando le mani e mi faceva domande: erano i tre ragazzi che - resisi conto delle mie condizioni - hanno preso il mio cellulare e composto l’ultimo numero in registro: era quello di mia sorella, che ha 27 anni e si è subito attivata per chiedere i soccorsi. Nel frattempo è arrivata l’ambulanza che mi ha portato al Loreto Mare. Ho saputo solo il giorno dopo che qui, inizialmente, i medici pensavano che fossi finito in overdose da stupefacenti, cosa ovviamente non vera: solo dopo avermi fatto le analisi hanno confermato il coma etilico».
Ma chi vi ha venduto gli alcolici sapeva che eravate minorenni?
«Certo. E somministravano bottiglie di ogni genere di alcolico anche a gente più giovane di noi. Ho visto bambini di 9-10 anni con i bicchieri pieni di vodka e champagne. Il tutto sotto gli occhi anche delle forze dell’ordine, presenti sul lungomare sia in divisa che in borghese».
Possibile poi anche che nessuno si sia accorto di te in quei momenti terribili?
«Neanche mi guardavano, eppure ero ricoperto di vomito, ci voleva poco a capire che avevo perso conoscenza e stavo malissimo».
Poi ti hanno portato in ospedale.
«Io sono astemio. In ospedale hanno rilevato che avevo un tasso alcolemico poco superiore al valore di 1,10, che poi ho scoperto non essere nemmeno tantissimo. Ma per me era come se avessi ingerito veleno puro».
Torniamo ai tre ragazzi che ti hanno salvato. Sei in grado di ricordare qualcosa di loro?
«Nella mia mente sono rimasti solo dei rapidissimi flash. Da quel poco che ricordo mi pare che la ragazza parlasse inglese, mentre gli altri due dovevano essere italiani. Poi mia sorella mi ha raccontato che - al telefono - le hanno detto: “Qui bisogna fare qualcosa immediatamente, altrimenti questo ragazzo muore!”».
Ma tu hai avuto la consapevolezza di essere in uno stato così grave?
«Quella è maturata solo dopo, al mio risveglio nel letto del Loreto Mare. Ho capito che avrei potuto morire, da solo, su quella panchina. E tutto per colpa di una cazzata incredibile».
E adesso te la senti di dire qualcosa ai tuoi coetanei che si lasciano andare alzando il gomito?
«Ovvio. Non vale la pena, il gioco dello sballo non vale nessuna candela. A me questa esperienza ha cambiato completamente la vita e il modo di guardare al divertimento. A quelli della mia età che abusano dell’alcol voglio dire: divertitevi senza bere, e fate attenzione alle amicizie».
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