«Lavori di restyling a via Marina,
tangenti per sbloccare i fondi»

«Lavori di restyling a via Marina, tangenti per sbloccare i fondi»
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 5 Aprile 2018, 23:03 - Ultimo agg. 6 Aprile, 16:40
4 Minuti di Lettura
Metodi diversi, stessa strategia, unico obiettivo: controllare il flusso di denaro pubblico che ruota attorno alle principali attività urbanistiche a Napoli. Ne sono convinti gli inquirenti alla luce di alcune intercettazioni e dello spulcio di mail e messaggi avvenuti negli ultimi mesi. Metodi diversi, stessa strategia, che punta dritto al controllo degli appalti interventi di riqualificazione urbana, al centro e in periferia. È l’ipotesi battuta in questi mesi dalla Procura di Napoli, nel corso di un’inchiesta che punta a verificare la correttezza delle procedure amministrative legate all’intervento di restyling del tratto di strada che va da via Vespucci e via ponte dei Francesi (una sorta di porta di accesso per chi viene dalla periferia est di Napoli); ma anche per la riqualificazione di una parte del centro storico (patrimonio Unesco) e per la realizzazione di una piscina comunale di via Nicolardi.

Stando alla ricostruzione degli inquirenti, per mesi avrebbe agito una sorta di «cricca», un gruppo di manager privati e professionisti legati al Comune, in grado di condizionare appalti e assegnazione di lavori pubblici. Due le fasi su cui ci sarebbero stati tentativi di ingerenza sugli appalti: in fase preliminare, con il tentativo di condizionare le commissioni aggiudicatrici delle commesse, con l’obiettivo di controllarne le scelte per favorire un determinato cartello di imprese; e in una seconda fase, che riguarda la fase di liquidazione delle varie tranche dei lavori di volta in volta appaltati. È in questo secondo filone, che emerge l’attenzione della Procura sulle cosiddette «sal», lo stato di avanzamento dei lavori, a cui devono corrispondere le singole commesse pubbliche, come da contratto.
  
Non si tratta di un passaggio scontato, specie in un contesto problematico come quello napoletano, con un Comune da tempo in condizioni di sofferenza causa regime di predissesto. Sono diverse infatti le pratiche da licenziare, difficile stilare una classifica delle priorità, dal momento che si tratta sempre e comunque di interventi pubblici. Fatto sta che alla luce del primo screening investigativo, gli inquirenti sembrano abbastanza determinati a condurre verifiche approfondite: «Esistono concreti elementi in ordine all’esistenza di un’associazione per delinquere operante nel settore de lavori pubblici per l’esecuzione di opere edili e infrastrutturali», insomma una presunta associazione in grado di «esercitare una forte influenza sulle decisioni delle commissioni aggiudicatrici degli appalti, ma anche di ingerirsi nell’esecuzione dei lavori appaltati e di condizionare la formazione e la liquidazione degli stati di avanzamento dei lavori». E non è tutto. A lavoro gli uomini della Mobile, sotto il coordinamento del primo dirigente Luigi Rinella, in campo gli specialisti del primo gruppo, una sezione specializzata proprio per i reati di pubblica amministrazione.

A dicembre scorso le perquisizioni, che vedono undici indagati, poche le carte depositate dinanzi al Riesame. Si parla esplicitamente di tangenti, di accordi corruttivi, ma anche di metodi diversi che sarebbero stati messi in campo in questi mesi. Ed è così che agli atti si fa esplicito riferimento a una sorta di racket delle forniture. Se fosse vera l’ipotesi al vaglio della Procura, significherebbe che la presunta cricca avrebbe anche avuto la forza di imporre alle imprese vincitrici di rifornirsi di materia prima da altre ditte di volta in volta segnalato.

Un copione tutto da verificare, che attende le prossime mosse della Procura, anche alla luce dello spulcio di quanto acquisito in questi mesi.
Agli atti una ottantina di target, tra computer e telefonini cellulari acquisiti in questi mesi, si attendono perizie informatiche. Inchiesta complessa, diverse le ipotesi battute dai pm: sono accusati di associazione per delinquere gli imprenditori Francesco Mattiello, a capo della Meridiana Costruzioni (difeso dall’avvocato Marco Bruttapasta), Vincenzo e Umberto Ianniello, della omonima ditta che si occupa di costruzioni (che sono assistiti dall’avvocato Luigi Tuccillo), l’agente di polizia municipale Luca Sepe. Poi ci sono le accuse di corruzione e turbativa d’asta. Risulta coinvolto in questo scenario l’ex dirigente comunale Giuseppe Pulli (difeso dall’avvocato Claudio Botti); due funzionari comunali, vale a dire Sandro Pietrafesa (difeso dall’avvocato Mario D’Alessandro) e Simona Fontana (assistita dall’avvocato Saverio Senese), il consulente del comune Antonio De Luca (assistito dal penalista napoletano Guido De Maio). Diverso invece il capitolo ricettazione, in relazione alla sparizioni di una parte di basolato di proprietà del comune di Napoli, un buco del valore di 300mila euro. Per questo furto restano i riflettori puntati su Mattiello, mentre il materiale sarebbe stato acquistato da Giuseppe Vergara (che avrebbe versato 120mila euro), e Alberto Limatola, attraverso Michele Grassia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA