Napoli, parla la dottoressa minacciata con la pistola: «Paura di morire, ma amo il mio lavoro»

Il marito di una paziente, armato, teneva sotto tiro i medici del 118

Medico del 118 minacciata dal marito di una paziente
Medico del 118 minacciata dal marito di una paziente
di Melina Chiapparino
Sabato 17 Dicembre 2022, 00:05 - Ultimo agg. 17:40
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«Ho temuto che gli potesse partire un colpo ma non avrei mai interrotto un soccorso». La dottoressa del 118 minacciata con una pistola, ricorda con lucidità i momenti in cui si è ritrovata l’uomo armato, a pochi centimetri dal suo corpo. Nonostante questo, in lei, ha prevalso il senso del dovere e l’etica che, da sempre, la contraddistinguono e per i quali è convinta «di non voler abbandonare la medicina di emergenza».


In che modo è stata minacciata con la pistola?

«Stavo eseguendo il monitoraggio dei parametri vitali della paziente quando, nella stanza, è entrato il marito della signora che con un tono di voce alterato.

Continuava a chiedere perché non eseguivamo un lavaggio o altre procedure. Sono abituata alle interferenze, ho continuato ad assistere la donna che era cosciente. A un certo punto ho visto l’uomo avvicinarsi a me ed estrarre una pistola, forse dalla tasca. Da quel momento sono cominciate le minacce». 

Cosa voleva l’uomo armato? 

«Si era lamentato di aver aspettato troppo l’ambulanza e continuava a farci intendere che se fosse accaduto qualcosa alla moglie, avremmo pagato noi. Ricordo che, in quel momento, ho notato che l’uomo si trovava in un forte stato di agitazione e gli tremava la mano, per questo la mia preoccupazione principale era che gli potesse partire un colpo all’improvviso. Nonostante questo, mi sono concentrata sulla paziente e quando ho intravisto il nostro autista, gli ho fatto segno di chiedere aiuto». 

Può spiegare meglio come ha chiesto aiuto? 

«Il nostro autista era distante e non vedeva la pistola ma lavoriamo in situazioni d’emergenza da tempo e quando ci scambiamo degli sguardi, in situazioni di pericolo, ci capiamo al volo. In quel momento era fondamentale far intervenire le forze dell’ordine. Io e l’infermiera non potevamo fermare la nostra assistenza». 

Ha avuto paura? 

«Quando ho visto la pistola mi sono resa conto che non ne avevo mai vista una prima. Certamente c’è stata la paura ma, a dire la verità, in quel momento avevo due priorità: assistere la donna e chiamare aiuto. Ho cercato di rassicurare l’infermiera che era con me e che, infatti, dopo l’intervento si è refertata per il forte stato di agitazione dovuto allo choc. A me non è accaduto e ho continuato a finire il mio turno di lavoro ma, probabilmente, solo ora sto razionalizzando cosa è realmente successo». 

Ha immaginato che avrebbe potuto spararle? 

«Ho mantenuto i nervi saldi cercando di pensare solo alle azioni che dovevo eseguire. Chi lavora come nell’emergenza ci è abituato ma, di certo, non mi era mai capitato di farlo perché qualcuno mi minacciava con una pistola. Mi avrebbe potuto sparare ma questo è un pensiero che faccio adesso. Ora mi sento più preoccupata rispetto a quando ero in quella stanza». 

A chi deve dire grazie? 

«A me stessa prima di tutto e all’amore per il mio lavoro che continuerò a fare. Mi hanno aiutato molto le parole di vicinanza e la sensibilità del direttore generale del 118, Giuseppe Galano che si è subito preoccupato per me, supportandomi con l’aiuto dal punto di vista legale e umano. Da tempo il nostro direttore, denuncia lo stato in cui lavoriamo noi dell’emergenza, sottopagati, senza indennità proporzionate e senza alcun tipo di tutela ormai nel mirino delle aggressioni».
 

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