Napoli, al palo i processi d'Appello: «Ma mancano 15 giudici e nessuno interviene»

Napoli, al palo i processi d'Appello: «Ma mancano 15 giudici e nessuno interviene»
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 29 Ottobre 2018, 10:30
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Presidente Giuseppe De Carolis, possibile che quattro anni non siano sufficienti a fissare un'udienza tra il primo e il secondo grado?
«Le rispondo non sul caso singolo, ma sullo scenario generale: pochi giorni fa ho ricevuto l'ultimo aggiornamento in materia di sopravvenienza. Solo valutando l'anno che va dal 30 giugno 2017 al 30 giugno 2018, ci sono altri 15mila processi da trattare. Che ovviamente si aggiungono a quelli che sono ancora in attesa di definizione».

Come mai un gap numerico tanto vistoso?
«Prima ancora di affrontare la questione numerica, conviene soffermarsi sulla qualità del lavoro che facciamo e che ci attende in questi mesi».

Da tre anni presidente della Corte di Appello di Napoli, Giuseppe De Carolis affronta con il Mattino la questione dei processi in via di definizione, del limbo in cui finiscono centinaia di fascicoli chiusi in primo grado o di rimando dalla Cassazione.
 
A cosa fa riferimento quando parla di qualità del lavoro?
«Non è solo questione numerica. Molti di questi dibattimenti sono di criminalità organizzata e con detenuti, che impongono un lavoro enorme per evitare di vanificare quanto è stato fatto dalle parti fino a questo momento. Siamo diventati il collo di bottiglia della giustizia, cerchiamo di fronteggiare numeri enormi con risorse sempre più ristrette».

Eppure mesi fa furono annunciati rinforzi, con l'innesto di nuove toghe a sua disposizione.
«Sono arrivate solo sulla carta».

In che senso?
«Viaggiamo con uno scoperto di dodici magistrati consiglieri e tre presidenti, un organico che potrebbe costituire cinque nuovi collegi. Dovevano arrivare rinforzi, li aspettiamo, al momento non sono arrivati».

Di fronte a questa mole di fascicoli che vi arrivano, in base a quale principio assegnate i processi?
«Ci sono delle priorità che vengono definite per legge, poi ci sono le valutazioni che stabiliamo in via ufficiale attraverso il confronto con la Procura generale. In sintesi, procediamo in questo modo: si celebrano prima i processi con detenuti, per evitare che si arrivi alla scarcerazione di soggetti ritenuti pericolosi, per non creare allarme sociale e pericoli concreti per la collettività; poi le altre priorità vengono decise nel corso della conferenza distrettuale per le priorità che viene convocata da me e dal procuratore generale alla presenza di altri capi del distretto».

Con questa logica, però, ci sono alcuni processi che non hanno più detenuti che rimarranno per sempre sullo sfondo. Non crede che un processo come quello della devastazione di Pianura meriti una risposta da parte dei giudici di appello?
«Questi processi li faremo, nel rispetto delle priorità di legge e dei criteri che ci siamo dati. Sono fiducioso che ci sarà un'attenzione nazionale da parte del Ministero e del Csm per la situazione napoletana, anche alla luce delle criticità evidenziate in questi tre anni. Personalmente sono tre anni che sottolineo queste criticità, ma rinforzi non se ne vedono. Sono tre anni che sottolineo queste criticità, evidenziando che i numeri della Corte d'appello di Napoli non abbiano eguali in nessuna parte d'Italia».

A cosa fa riferimento?
«Restiamo al penale e pensiamo alla realtà dei maxiprocessi, per quei dibattimenti con decine di imputati».

Qual è il problema?
«Fino allo scorso anno avevamo 142 maxiprocessi. Sa cosa significa? Pensi che a Milano non hanno maxiprocessi, a Roma credo che abbiamo il solo fascicolo di Mafia capitale. Parliamo di vicende con centinaia di parti che intervengono e con migliaia di pagine di motivazioni da scrivere. La situazione è questa: abbiamo creato una quinta corte di assise d'appello, ma non basta. Il fatto è che a Napoli la Procura funziona bene e produce tanto lavoro che viene spesso definito in primo grado dal gup; aggiunga anche che in questi anni è stato creato nel nostro distretto un nuovo Tribunale, quello di Napoli nord, che produce lavoro e che viene affrontato da parte nostra sempre con le risorse di un tempo. Per farle intendere la situazione di criticità mi basta citare un dato legato all'ultimo concorso dei posti a disposizione».

Quale?
«È significativo che nell'ultimo interpello, con soli tre corsi messi a concorso, non ci sono stati sufficienti domande per coprirle. Si è diffusa la percezione di criticità nel nostro settore».
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