Omicidio di Matilde Sorrentino,
​ecco la verità del pentito

Omicidio di Matilde Sorrentino, ecco la verità del pentito
di Dario Sautto
Giovedì 7 Novembre 2019, 10:35
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«Io mi sono sempre comportato in maniera corretta, soprattutto con te». Alessandro Montella è un ex camionista divenuto corriere della droga per diversi clan di Napoli e provincia ed oggi è un collaboratore di giustizia, ritenuto tra i più attendibili dall'Antimafia. Quasi si «giustifica» e indica il monitor in cui intravede l'imputato Francesco Tamarisco, che aveva accennato una «protesta», gesticolando ad alcune risposte date dall'ex corriere. Entrambi sono collegati in videoconferenza: Montella è testimone nel processo nel quale «Francuccio» Tamarisco è l'unico imputato, accusato dalla Procura di Torre Annunziata di essere il mandante dell'omicidio di Matilde Sorrentino, la madre coraggio che denunciò lo scandalo pedofilia nel rione Poverelli. «Tamarisco andò a processo e fu assolto, ma provava ancora rancore» ha riferito Montella, uno dei testimoni chiave nella lista del procuratore Pierpaolo Filippelli. «Sono della Cuparella. Tutti a Torre Annunziata dicevano che era lui il mandante di questo omicidio schifoso» ha confermato Montella.

I DETTAGLI
A riferirgli dettagli più precisi sono stati due narcos di spicco, legati proprio ai Tamarisco, entrambi uccisi in due agguati di camorra. Il primo era Gennaro Di Capua, uno degli uomini di fiducia di Bernardo e Francesco Tamarisco, che consegnava i soldi delle «puntate» in Spagna e Olanda: fu ucciso davanti a una scuola nel 2007. Il secondo era Davide De Simone, narcotrafficante della famiglia dei «quaglia quaglia» con un cognato in comune con i Tamarisco, anche lui trucudato in un agguato nel 2008 nel bar dell'ex circolo dei pescatori di via Castello, uno dei centri di comando del clan Gionta. Tra il 2004 e il 2007, Montella li aveva incontrati più volte. «Loro mi avevano parlato di questa cosa della mamma coraggio ha raccontato Montella un omicidio clamoroso, che però a me non interessava, perché io mi occupavo solo di droga. Lavoravo anche con i Tamarisco, con Francesco in particolare. Quando dovevo consegnargli la droga, lo facevo in prima persona. Contavamo assieme i panetti, perché avevo paura di loro. Sono persone di mezzo alla strada, sono armati e sulla droga non si scherza altrimenti si muore».

IL RETROSCENA
Tra le varie ricostruzioni, Montella ha spiegato anche una delle accuse contestate a Tamarisco, e cioè di aver finanziato la detenzione di Alfredo Gallo, killer condannato all'ergastolo perché ritenuto l'esecutore materiale dell'omicidio di Matilde Sorrentino, avvenuto il 26 marzo del 2004. «A camionisti e corrieri arrestati mentre trasportavano la loro droga non hanno mandato neanche un euro in carcere, invece hanno mantenuto Gallo e gli hanno fatto regali». L'ipotesi degli inquirenti è che quei soldi (due tranche da 25mila euro per l'omicidio e 500 euro al mese dall'arresto) siano serviti per comprare il silenzio di Gallo e della sua famiglia proprio su Tamarisco. Il fratello di Alfredo, Francesco Gallo, era stato «assunto» tra i corrieri al servizio dei Tamarisco, arrestato in Trentino mentre guidava un camion con un carico da una tonnellata di droga. A lui era stata regalata una Alfa Romeo 156 sw «perché stavano senza soldi, per permettergli di andare a fare i colloqui in carcere con il fratello».
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