«È stato accompagnato alla fossa in forza di principi giuridici barbari e aberranti». Il penalista avellinese Gaetano Aufiero, storico difensore di Raffaele Cutolo, è stato tra i primi ieri sera ad apprendere il decesso del fondatore e capo della Nco nell'ospedale «Maggiore» di Parma, dove era stato ricoverato per l'aggravarsi di una polmonite bilaterale che recentemente era tornato ad aggredirlo.
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Aufiero contesta il «trattamento disumano» riservato a Cutolo a cui, nel maggio del 2020, prima il magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia poi il Tribunale di Sorveglianza di Bologna, negarono il differimento della pena ai domiciliari per gravi motivi di salute: «Le sue condizioni di salute sono compatibili con il regime carcerario», scrissero i magistrati che sottolinearono ancora la sua caratura criminale: «Resta un simbolo per i gruppi criminali che si rifanno alla Nco, rispetto ai quali Cutolo ha mantenuto intatto il suo carisma».
«Barbarie giuridica o malafede - replica oggi il penalista - visto che si discuteva di un 80enne che da più di un anno non era nelle condizioni di provvedere minimamente a se stesso».
Alcuni giorni fa, proprio per l'aggravarsi delle condizioni di salute di Cutolo, l'avvocato Aufiero aveva ottenuto un colloquio per la moglie, Immacolata Iacone, e la figlia tredicenne, che vivono entrambe a Ottaviano, e contestualmente aveva ripresentato istanza per ottenere la sospensione della pena, (Cutolo era stato condannato a vari ergastoli, ndr) e il trasferimento agli arresti domiciliari.